Riflessioni sull’anno che si apre

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Due anni fa, il 30 dicembre 2019, la dottoressa Ai Fen, direttrice del Dipartimento di pronto soccorso del Wuhan Central Hospital, condivideva sulla sua chat le preoccupazioni per una possibile epidemia di coronavirus in Cina. Solo oggi l’Occidente inizia a prendere atto di ciò di quella che fin dall’inizio appariva come l’ipotesi più probabile sull’origine del virus: la fuoriuscita, negli ultimi mesi del 2019, del SARS-CoV-2 dal Wuhan National Biosafety Laboratory, dove erano in corso esperimenti gain of function di guerra biologica. Non si tratta di fantasia complottista, ma di solida realtà di cui i lettori potranno avere conferma in numerose inchieste e libri recentemente apparsi, tra cui il mio Le misteriose origini del coronavirus. Un contributo storico (Edizioni Fiducia, Roma 2021, pp. 100).

Alla realtà dei fatti molti sostituiscono una fantasiosa ipotesi: l’esistenza di un macro-complotto globalista per asservire, ed eventualmente sterminare l’umanità, attraverso l’arma della vaccinazione di massa. Il pericolo, dunque, non verrebbe dal virus cinese, ma dall’arma dei vaccini prodotta in Occidente per contrastarlo. E se quest’arma si rivelerà inefficace, i complottisti elaboreranno una versione più sofisticata per proseguire nella costruzione di un puzzle infinito, che è impossibile risolvere, se non truccando le carte.

Questo puzzle è nato negli ambienti dei social media e della popular culture, ormai incapaci di distinguere tra la verità e la fiction. Il terreno è stato preparato dalle teorie di QAnon e dalla diffusione di fiabe, come quella sui “Rettiliani” di David Icke, uno dei protagonisti, assieme a Robert Kennedy Jr, delle manifestazioni no-vax svoltesi in tutto il mondo. Questo“Alternate Reality Game” ha purtroppo coinvoltoschiere di buoni cattolici, psichicamente destabilizzati dal Covid-19. 

Al fine di riportare un poco di equilibrio nella discussione, il 15 dicembre 2021 Corrispondenza Romana ha pubblicato una rispettosa lettera della dott.ssa Gwyneth Spaeder all’arcivescovo Carlo Maria Viganò.

In seguito a questo pacato articolo la dott.ssa Spaeder è stata oggetto di feroci attacchi, come se, sottoponendo a critica le posizioni dell’arcivescovo, avesse commesso un reato di lesa maestà. Mi sento in dovere di difenderla, mosso non solo dall’amore per la verità, ma anche da quello “spirit of chivalry” che Edmund Burke vedeva già estinguersi nell’“età dei sofisti” inaugurata dalla Rivoluzione francese (Reflections on the French Revolution, F. G. Selby, London 1890, p. 84).  

Non conosco personalmente la dott.ssa Spaeder, ma desidero innanzitutto esprimerle la mia ammirazione per il coraggio e la chiarezza di un intervento che condivido pienamente. La colpa della dott.ssa Spaeder, secondo i suoi detrattori, sarebbe quella di un “conflitto di interessi”, perché è laureata alla John Hopkins University, istituzione che sarebbe legata ai “poteri forti” sanitari e perché suo marito lavora con l’azienda IQVIA, che fornisce servizi alle case farmaceutiche. Dietro le critiche della dott.ssa Spaeder a mons. Viganò ci sarebbe dunque “Big Pharma” che, forse, finanzia anche Corrispondenza Romana!

Tralascio l’ignoranza di chi maneggia il concetto di “conflitto di interessi” senza sapere che cosa esso significhi sul piano giuridico. Perché ricorra questo caso, bisognerebbe dimostrare l’interesse, personale o familiare, di un’azione compiuta nel proprio posto di lavoro, in seguito a benefici che da questa azione si traggono, generalmente nel caso di incarichi di rilevanza pubblica. Qual è il beneficio economico o lo sfruttamento della propria posizione per interessi personali che la dott.ssa Spaeder ricaverebbe dal suo articolo? Chi è autore di queste infondate affermazioni, cade, moralmente, e forse anche legalmente, nel crimine di calunnia. 

Ma ciò che più mi preoccupa è il delirio logico che si diffonde sempre di più anche tra i migliori cattolici. Sul piano logico e fattuale non c’è nessuna prova del fatto che quanto scrive la dott.ssa Spaeder è falso, ma tuttavia deve esserlo. Il tribunale che si arroga il diritto di definire falso il vero e vero il falso non è quello della ragione, ma dell’immaginazione. L’immaginazione è il più nobile dei sensi interni, ma quello che più facilmente ci porta all’errore. Essa è infatti una forma di pensiero che non segue regole fisse né legami logici, ma è spesso determinata da uno stato emozionale. Quando nel processo conoscitivo l’immaginazione si sostituisce alla ragione, si rischia di cadere in uno stato patologico che gli specialisti definiscono “delirio cognitivo”. Fin dai primi anni del Novecento gli psichiatri Paul Sérieux (1864-1947) e Joseph Capgras (1873-1950) hanno annoverato tra le forme di psicosi il cosiddetto “délir d’intérpretation”, che spinge il soggetto a interpretare ogni evento della sua vita, come prova di una macchinazione a suo danno (Les follies raisonnantes, Alcan, Paris 1909). L’errore patologico non riguarda la materialità del fatto, ma il significato abnorme che ai fatti viene conferito. Il “delirio di interpretazione” è una follia lucida e ragionata, che consiste nel voler attribuire cause intenzionali ai minimi dettagli fortuiti, sostituendo alla realtà oggettiva una soggettiva e arbitraria ricostruzione dei fatti. 

Il padre Joseph de Tonquédec (1868-1962), che fu eminente teologo e rinomato esorcista, ha mostrato la affinità, ma anche la distinzione, che esiste tra il delirio patologico e quello di carattere preternaturale (Les maladies nerveuses ou mentales et les manifestations diaboliques, Beauchesne, Paris 1938, soprattutto pp. 164-179). Ma padre de Tonquédec si riferiva a casi individuali, che diagnosticava con la sua esperienza, mentre il problema che oggi ci troviamo di fronte è un fenomeno sociale, in cui non è facile risalire alle cause dello squilibrio cognitivo. E’ certo però che il campo dell’immaginazione è quello in cui il demonio può intervenire, alterando il processo della conoscenza sensibile. Secondo san Tommaso d’Aquino, infatti, i demoni, che non possono agire direttamente sull’anima intellettiva, «possono agire sulla facoltà immaginativa e sui sensi» (Quaestio disputata de malo, q. 16, a. 11, resp; q. 16, a. 9 ad primum).

Queste considerazioni vanno evidentemente al di là dell’attacco di cui è vittima la dott.ssa Spaeder. Non vogliamo infatti affermare che i suoi critici siano vittime di follia o di infestazione diabolica.  Però è vero che un certo complottismo visionario ha le sue radici nel clima di atrofia della ragione che caratterizza il nostro tempo, così come è vero che non si può ignorare la presenza del preternaturale diabolico nella storia. Dom Prosper Guéranger (1805-1875), il celebre abate di Solesmes, già lo spiegava: «qualsiasi sistema storico che prescinda dall’ordine soprannaturale nell’esposizione dei fatti, è un falso sistema che non spiega nulla e che lascia la storia dell’umanità nel caos e nella contraddizione permanenti» (Le sens chrétien de l’histoire, in Essai sur le naturalisme contemporain,Editions Delacroix, 2004,pp. 366, 396).

Vogliamo solo ribadire che ciò di cui abbiamo bisogno per comprendere i confusi eventi dei nostri tempi è il senso cristiano della storia. Nulla sfugge al governo della Divina Provvidenza, che tutto ordina al bene, e con il suo aiuto, il giusto trova sempre nell’oscurità la sua strada. 

Siamo alla vigilia di un anno che sarà forse più caotico di quello che si chiude, ma un altro grande maestro del pensiero cristiano, il vescovo di Meaux Jacques-Bénigne Bossuet (1627-1704), ci aiuta ad affrontare l’imprevedibile: «Quando Dio vuol fare vedere che un’opera è tutta di sua mano, riduce tutto all’impotenza e alla disperazione; poi agisce» (Panégirique de Saint-André, in Oeuvres complètes, Vivés, Paris 1863, p. 6). 

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