Non passa settimana senza colpi di scena sul fronte della vita. Purtroppo questa volta le brutte notizie prevalgono sull’unica buona, che giunge dagli Stati Uniti: col disegno di legge denominato «Nebraska Human Life Protection Act», presentato dalla senatrice Joni Albrecht, repubblicana, si intende assicurare piena tutela ad ogni vita umana dal momento del concepimento, compresa quella dei bambini non ancora nati, in tutto lo Stato del Nebraska, dove si prevede l’abolizione totale dell’aborto non appena la Corte Suprema revocherà la sentenza Roe versus Wade. Unica eccezione consentita, quando la vita della madre sia in pericolo. Ciò consentirebbe di salvare oltre 2 mila vite ogni anno. In attesa di tale traguardo, si sta valutando l’adozione di altri provvedimenti quali una legge sul battito cardiaco, proposta dalla senatrice Julie Slama, pure repubblicana. Secondo un sondaggio Gallup, ormai oltre il 52% degli americani sarebbe pro-life e contrario all’aborto.
Le brutte notizie giungono invece dalla Colombia, dove la Corte Costituzionale ha usurpato il potere legislativo, proprio del Parlamento, e negato la sovranità popolare su di un tema fondamentale quale quello della vita, depenalizzando l’aborto fino alla 24ma settimana di gestazione. È il quinto Stato dell’America Latina ad aver compiuto questa tragica scelta. La decisione è giunta al termine di una sessione straordinaria, conclusasi con i voti favorevoli di cinque magistrati e quelli contrari di quattro.
La Conferenza episcopale colombiana, esprimendo profondo dolore nell’apprendere la notizia, ha sottolineato come la sentenza della Corte Costituzionale ponga a rischio l’ordine sociale e lo Stato di diritto, essendo l’aborto un «atto immorale» ed una «pratica violenta contro la vita».
In Francia, come previsto, l’Assemblea nazionale ha purtroppo approvato a larga maggioranza (135 sì e soli 47 no) l’estensione dell’aborto libero dalla 12ma alla 14ma settimana, nonché l’abolizione del periodo di 48 ore di riflessione tra la decisione di abortire e l’esecuzione effettiva dell’aborto. È rimasto solo il diritto all’obiezione di coscienza da parte del personale medico, almeno per ora: le cose potrebbero però cambiare qualora venisse adottata la proposta del presidente Emmanuel Macron di includere l’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Sulla stessa falsariga si muove anche il governo socialcomunista spagnolo dopo l’annuncio, fatto dal ministro per le Pari Opportunità Irene Montero, di un disegno di legge, per consentire l’aborto libero in tutti gli ospedali pubblici, anche senza il consenso dei genitori, a partire da soli 16 anni. L’impianto della norma proposta azzera anche il periodo di riflessione di tre giorni, prima stabilito tra la decisione di abortire e l’esecuzione dell’aborto. Per gli obiettori di coscienza è previsto un registro nazionale con i loro nominativi, metodo criticato dal Comitato spagnolo di bioetica. Intanto, molti esponenti di Unidas Podemos, coalizione di formazioni ispirate all’eurocomunismo, al femminismo ed al laicismo, ha minacciato i medici, che non intendano uccidere i bimbi nel grembo delle loro madri, dimostrando ancora una volta il furore giacobino proprio delle sigle di Sinistra, specie su questi argomenti. Non solo: il disegno di legge vorrebbe introdurre l’educazione sessuale per l’accesso ai diritti riproduttivi in tutte le scuole di ogni ordine e grado, promuovendo la contraccezione presso gli studenti.
Intanto, sempre sul fronte della vita, il card. Willem Jacobus Eijk, arcivescovo metropolita di Utrecht, medico e qualificato membro della Pontificia Accademia per la Vita, ha condannato il sostegno pubblicamente dato da altri due membri della stessa alla legalizzazione del suicidio assistito, in quanto ciò non fermerebbe, anzi preparerebbe la legalizzazione dell’eutanasia, che ne sarebbe soltanto il passo successivo. Nel mirino Padre Carlo Casalone, gesuita, docente di Teologia morale presso la Pontificia Università Gregoriana, autore di un articolo apparso lo scorso 15 gennaio su La Civiltà Cattolica (i cui testi, va detto, vengono autorizzati dalla Segreteria di Stato vaticana), e Marie-Jo Thiel, docente universitaria presso la facoltà di Teologia cattolica e direttrice del Centro europeo d’insegnamento e ricerca in campo etico di Strasburgo, autrice di un articolo apparso sul quotidiano Le Monde, in cui lo scorso 31 gennaio ha sostenuto le tesi di Padre Casalone.
Consentire il suicidio medicalmente assistito, come i due hanno fatto, oltre a contraddire totalmente la Dottrina cattolica, indica, secondo il card. Eijk, anche una determinazione a «consentire anche l’eutanasia volontaria» e tanto il primo quanto la seconda hanno «la stessa responsabilità morale» nel compiere un omicidio.
Le dichiarazioni di Padre Casalone e di Thiel hanno ricevuto forti critiche da parte degli altri membri della Pontificia Accademia per la Vita, come rilevato sul quotidiano Le Figaro da uno di loro, Jean-Marie Le Méné, presidente della Fondazione Lejeune. Sostenere una legge immorale – ha detto – «non può mai essere la scelta di un cristiano» e, qualora l’Accademia «cadesse nella trappola del male minore, perderebbe la sua giustificazione di esistere». Altro che tollerare le «leggi imperfette»!
A livello ufficiale, il “no” al referendum sull’eutanasia della Corte Costituzionale italiana, giunto lo scorso 15 febbraio, è stato accolto «con grande soddisfazione» dalla Pontificia Accademia per la Vita, secondo la quale un referendum «avrebbe aperto la strada all’eutanasia» ed ha da qui tratto spunto per ricordare come «il magistero della Chiesa cattolica, riaffermando il valore ed il rispetto di ogni vita umana, sia contrario al suicidio e quindi anche al suicidio assistito, come il Papa ha ricordato più volte».
Chi ha orecchie per intendere, intenda…