La secolarizzazione, spesso in modo silenzioso e senza dar troppo nell’occhio, avanza purtroppo a marce forzate ovunque, senza peraltro incontrare particolari ostacoli in un mondo sempre più impregnato di laicismo e di luoghi comuni: ad esempio, secondo uno studio, pubblicato dal Cirst-Centro Interuniversitario di Ricerca per la Scienza e la Tecnica e condotto da due sociologi, Kristoff Talin, ricercatore del Cnrs francese, e Yves Gingras, docente dell’Università del Québec, a Montréal, più ci si identifica e si pratica una fede, meno si sarebbe alfabetizzati scientificamente. «Come regola generale, più religione significa meno scienza», affermano gli autori di quest’analisi comparativa condotta in Europa e Stati Uniti.
I risultati della galoppata laicista non si fanno dunque attendere a livello planetario. È così che in Australia il Parlamento è riuscito a varare una nuova legge, anche coi voti di politici sedicenti cattolici, per costringere i sacerdoti a violare il segreto confessionale nei casi di abuso. Immediata la condanna da parte di molti prelati, tra cui l’arcivescovo di Perth, Timothy Costelloe, nella sua ultima lettera pastorale.
Altrove, come in Francia, i frutti velenosi della laicité sono divenuti evidenti: per la prima volta la maggioranza della popolazione, il 51% per la precisione, si è dichiarata atea o agnostica, con un incremento del 7% rispetto a dieci anni fa e del 17% rispetto al 1947. A rivelarlo, è il sondaggio recentemente diffuso dall’Ipof. I più credenti sono i francesi sopra i 65 anni, seguiti dalla fascia tra i 18 ed i 34 anni. In famiglia si parla sempre meno di religione, mentre secondo il 54% degli intervistati tutte le confessioni avrebbero la medesima importanza.
In Spagna, stessa solfa: secondo María García, che da nove anni presiede l’Olrc-Osservatorio per la libertà religiosa e di coscienza, rispetto al 2020, nel Paese, gli attacchi alla libertà religiosa sono aumentati del 37%: «Crediamo che il secolarismo radicale, che cerca di eliminare la religione e le radici cristiane della Spagna dalla sfera pubblica – afferma – stia mettendo radici sempre più profonde» e che la pandemia per molti governi e per molti gruppi sia stata, in realtà, solo il pretesto per attacchi sempre più forti e disinvolti, anche nelle chiese, consentendo un numero di posti, ad esempio, più limitato che altrove.
È facile individuare le “pecore nere”: in primis le Sinistre al governo col Psoe, il Partito Socialista Operaio Spagnolo, che detiene il triste record con ben 43 casi accertati, Podemos con 23 e Izquierda Unida con 17: «Quasi il 20% di tutti i casi è legato alle misure anti-Covid» con Messe interrotte e poi vietate in cattedrali con una ventina di fedeli in tutto o nelle abitazioni private, canti proibiti durante le celebrazioni, posti a sedere consentiti in numero inferiore a quelli tollerati per negozi e teatri: «È molto importante non banalizzare i crimini d’odio contro i credenti – prosegue García – Penso sia essenziale che una persona, che ne sia vittima, denunci l’accaduto alle forze dell’ordine».
In tale desolante quadro fa eccezione, per una volta, almeno il Regno Unito: secondo un recente sondaggio, condotto dalla società Savanta ComRes, un terzo dei fedeli britannici adulti pregherebbe almeno una volta al mese. Nella fascia compresa tra i 18 ed i 34 anni tale cifra aumenta a circa il 50%. Analoghi i risultati circa la frequenza alla S. Messa. Soprattutto tra i giovani, il bisogno di spiritualità sarebbe in crescita, il problema è che spesso si esprime secondo canali non tradizionali, col discutibile ricorso all’online, secondo modalità spontaneistiche oppure dando credito a siti non sempre affidabili.
Insomma, è giunto il momento di considerare secolarizzazione e addentellati (come la laicité, ad esempio) per quel che sono, vale a dire un pericolo ideologico reale e concreto per la fede, da difendere dunque urgentemente, in tutti i modi ed in tutte le sedi.