COMUNISMO: arrestato in Cambogia il braccio destro di Pol Pot

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L’ex numero due dei Khmer Rossi, Nuon Chea (al secolo Long Bunruot), 82 anni, il più alto responsabile ancora in vita del regime comunista cambogiano, è stato arrestato il 19 settembre scorso – formalmente accusato di crimini di guerra e contro…





L’ex numero due dei Khmer Rossi, Nuon Chea (al secolo Long Bunruot), 82 anni, il più alto responsabile ancora in vita del regime comunista cambogiano, è stato arrestato il 19 settembre scorso – formalmente accusato di crimini di guerra e contro l’umanità – per ordine del Tribunale del genocidio patrocinato dall’ONU, incaricato di giudicare in Cambogia i reati più gravi commessi fra il 1975 (che i Khmer Rossi battezzarono “anno zero”) e il 1979.   

Conosciuto con il nome di “Fratello numero due”, Nuon Chea aiutò Pol Pot (il sanguinario dittatore morto nel suo letto nel 1998) a prendere il controllo del movimento comunista della Cambogia negli anni ‘50-‘60 ed è considerato l’ideologo del movimento.

Pol Pot riteneva che l’unica via al comunismo fosse ripartire da zero: zero educazione, zero comodità, zero intellettuali, insegnanti, ingegneri, scienziati… Un delirio in nome dell’egualitarismo spinto al paradosso, fino all’abolizione dello stesso concetto di coscienza individuale, negando persino l’uso della prima persona singolare e contro le più elementari forme di istruzione. Giustizia sommaria per chi veniva trovato in possesso di matite o sorpreso a scrivere: unica formazione scolastica consentita quella nei campi di rieducazione.

Circa due milioni di persone morirono sotto il regime dei Khmer rossi – appoggiato dalla Cina – che per quattro anni seminò il terrore con trasferimenti coatti della popolazione, lavori estenuanti, campi di rieducazione ed esecuzioni degli oppositori.

Estrema la brutalità dei  Khmer rossi: bambini uccisi a calci e pugni perché rubavano cibo, spille con il numero d’identificazione attaccate direttamente sulla pelle dei condannati, persone uccise con la testa infilata in recipienti pieni d’olio bollente… Il sistema più in voga nella repressione dei «nemici della Rivoluzione» fu la morte per asfissia con sacchetti di plastica infilati in testa. Chi era arrestato era sempre colpevole e, se “fortunato”, veniva giustiziato hic et nunc, altrimenti sarebbe morto lentamente di torture, sevizie o fame.

Nuon Chea sembrerebbe pronto a svelare i segreti del regime di Pol Pot: «Non ha nulla da recriminare – riferisce alla “Reuters” You Bunleng, un giudice del tribunale patrocinato dalle Nazioni Unite – ha detto che fornirà particolari sul regime quando comincerà il processo».

Ad oggi solo un esponente del passato regime, Kang Kek Ieu (detto Duch) – responsabile del centro di tortura nell’ex liceo Tuol Sleng (più noto con la sigla S-21), a Phnom Penh, in cui morirono circa 14.000 persone – era stato incriminato dal tribunale internazionale.

Il tribunale dell’ONU ha aperto un fascicolo a carico di cinque ex dirigenti della dittatura, di questi Kang Kek Ieu e Nuon Chea sono al momento gli unici detenuti. Khieu Samphan, ex-Capo di Stato, ha dichiarato che si presenterebbe ai giudici se il tribunale lo convocasse. (E.G.)

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