CINA: i silenzi del CIO sulle Olimpiadi 2008

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Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) deve «mettere fine al suo silenzio» sulle violazioni della libertà di stampa da parte del regime cinese che si era impegnato a rispettarla quando i Giochi del 2008 furono assegnati a Pechino.





Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) deve «mettere fine al suo silenzio» sulle violazioni della libertà di stampa da parte del regime cinese che si era impegnato a rispettarla quando i Giochi del 2008 furono assegnati a Pechino. L’accusa parte dal gruppo umanitario Human Rights Watch in un comunicato diffuso in occasione della Giornata dei Giornalisti, celebrata in Cina l’8 novembre scorso.

«La riluttanza del CIO ad affrontare il Governo cinese sulle violazioni della libertà d’informazione è  in contraddizione con i principi etici della Carta Olimpica», sostiene Sophie Richardson, Vicepresidente per l’Asia di HRW. Il gruppo ricorda che secondo le nuove regole temporanee, che sono entrate in vigore il 1 gennaio scorso e saranno valide fino al 17 ottobre 2008, ai giornalisti stranieri è consentito intervistare tutti i cittadini cinesi che accettino di incontrarli.

«In pratica – accusa HRW – i corrispondenti stranieri vengono ogni giorno infastiditi, detenuti e intimiditi dalle forze di sicurezza e da teppisti in abiti civili che sembrano operare col consenso delle autorità». Nel comunicato vengono citati tre casi in cui è stato impedito a giornalisti di lavorare liberamente. «Tra meno di un anno,  ventimila  giornalisti verranno a Pechino per le Olimpiadi; quale messaggio il CIO intende inviare alle autorità cinesi?», conclude la Richardson.

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