CINA: conferenza della Fondazione Lepanto sulla persecuzione dei cristiani in Cina

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Lo scorso 1° aprile si è tenuta a Roma, nella sede della Fondazione Lepanto, una conferenza sulle persecuzioni che ancora oggi soffrono milioni di cristiani nella Cina comunista.


All’incontro, moderato dal prof. Roberto de Mattei, presidente del sodalizio promotore, hanno partecipato Antonello Brandi, fondatore dell’Italian Laogai Research Foundation (www.laogai.it), un centro di ricerca che si occupa di documentare l’opinione pubblica internazionale sui campi di concentramento cinesi, e padre Bernardo Cervellera, missionario del PIME (Pontificio Istituto Misioni Estere) e direttore responsabile dell’agenzia di notizie Asia News (www.asianews.it).

Presentando una ricerca del suo centro studi, intitolata I laogai, le esecuzioni capitali e la vendita degli organi umani in Cina, Brandi ha innanzitutto spiegato l’etimologia di questo termine, che in cinese significa «riforma attraverso il lavoro», con il quale si designano appunto i moderni campi di concentramento in cui milioni di esseri umani sono costretti a vivere in condizioni di assoluta prostrazione, fisica e morale ed obbligati a lavorare anche 16 ore al giorno. Nel 2008 ne sono stati censiti circa 1.400, ma nessuno è al corrente del numero esatto. La loro creazione risale a Mao Zedong (1893-1976) che li istituì nel 1950, sotto consiglio degli alleati sovietici.

Vi sono rinchiusi dissidenti del regime (politici e civili) nonché religiosi di ogni genere (monaci tibetani, vescovi cattolici, pastori protestanti), oltre a criminali comuni. Per il regime di Pechino i laogai hanno un duplice obiettivo: da una parte opprimere i dissidenti politici e fiaccarne la resistenza, dall’altra avvalersi di forza-lavoro a costo-zero. Padre Cervellera si è invece soffermato sui problemi più specificamente religiosi, denunciando come la Cina di oggi sia «ancora un paese comunista perché si rileva ovunque un forte controllo sociale sulla vita delle persone».

Particolarmente tragiche sono le condizioni in cui i vescovi cattolici che vogliono restare fedeli al Papa devono vivere: l’obbedienza “spirituale” di un cittadino cinese a uno Stato straniero (la Santa Sede) viene infatti considerata come un tradimento della Patria e punita con pene severissime. Numerosi sono i vescovi scomparsi da decenni e di cui non ci sono più notizie: per molti di loro l’ipotesi più probabile è quella della morte violenta con l’immediata cremazione del corpo per far perdere ogni traccia del crimine commesso.

Nonostante tutto, però, Cervellera ha sottolineato come negli ultimi anni, a fronte di questa situazione di persecuzione (o forse proprio a causa di questa) sia in corso in Cina una «impressionante rinascita religiosa».

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