Vladimir Putin: un Bonaparte senza il suo genio militare?

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Il 30 settembre 2022 il presidente della Federazione Russa ha annunciato l’annessione a Mosca delle quattro regioni ucraine di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia, dove dal 23 al 27 settembre si è svolto un referendum del tutto illegale, sotto il controllo dei soldati russi che passavano casa per casa per far votare i cittadini. Vladimir Putin ha pronunciato un lungo discorso, in cui, rivolgendosi «alle autorità di Kiev e ai loro veri padroni in Occidente», ha affermato che gli abitanti delle regioni annesse dal Cremlino «diventano nostri cittadini per sempre». Il suo discorso non è stato una semplice rivendicazione dei presunti diritti della Russia sull’Ucraina, ma una vera e propria dichiarazione di guerra all’Occidente, accusato di voler «indebolire e disintegrare la Russia, come ha sempre sognato di fare, per frammentare il nostro Stato, per mettere i nostri popoli gli uni contro gli altri, per condannarli alla povertà e all’estinzione». 

Putin ha chiamato quindi ad una «guerra patriottica» contro l’Occidente, che professa una «religione al contrario, un vero e proprio satanismo», ma il cui crollo «è irreversibile». Questo è il «campo di battaglia» a cui «il destino e la storia» chiamano la Russia, ha aggiunto il leader del Cremlino concludendo il suo altisonante discorso con una citazione «del vero patriota Ivan Aleksandrovich Ilyin»: «Se considero la Russia la mia Madrepatria, significa che amo, contemplo e penso in russo, canto e parlo in russo; che credo nei poteri spirituali del popolo russo. Il suo spirito è il mio spirito; il suo destino è il mio destino; la sua sofferenza è il mio dolore; la sua fioritura è la mia gioia».

Ivan Ilyin (1883-1954) fu un intellettuale russo, sostenitore dell’“Armata Bianca” contro i bolscevichi, poi esiliato e morto in Svizzera, ammiratore di nazismo e fascismo. Nel 2005 Putin fece riportare in Russia le sue spoglie, come gesto di riconciliazione tra i “bianchi” e i “rossi” della guerra civile. Nel suo discorso del 30 settembre il presidente russo ha miscelato temi come l’anticolonialismo, cavallo di battaglia della Terza Internazionale comunista, con tesi care alla destra europea, come il sovranismo e la critica della teoria del gender. Il tentativo è quello non solo di ricostruire un’identità nazionale condivisa, che ha come suoi simboli la bandiera rossa comunista e l’aquila bifronte dei Romanov, ma anche di destabilizzare il mondo della destra politica e religiosa, cercando in questi ambienti quinte colonne interne. In questa prospettiva si situa il continuo richiamo alle “guerre patriottiche”, condotte dalla Russia di Stalin contro Hitler e dalla Russia zarista contro Napoleone. Ma è proprio Napoleone, in un certo senso, il modello di Putin per la capacità che egli ebbe di amalgamare gli eredi del giacobinismo e quelli della Vandea sotto le insegne dell’aquila imperiale. 

Nel 1795 la Rivoluzione francese, giunta al suo acme con Robespierre, era infatti naufragata nel sangue. Dopo le brevi fasi del Termidoro e del Consolato, il generale d’armata Napoleone Bonaparte, conquistò il potere in Francia con il colpo di Stato di Brumaio del 9 novembre 1799. Bonaparte era un figlio della Rivoluzione, ma si presentò come il restauratore dell’autorità e dell’ordine. Tra il 1796 e il 1799 invase l’Italia, spodestò i sovrani dai loro troni, saccheggiò la città sacra di Roma e deportò in Francia Pio VI, ma il 18 maggio 1804 pretese che il Papa fosse presente a Parigi alla sua incoronazione imperiale. Napoleone aveva un genio militare che gli permise una fulminea ascesa in Europa, ma la sua smisurata ambizione ebbe un altissimo costo umano. Le guerre napoleoniche, tra il 1803 e il 1805 provocarono circa cinque milioni di vittime tra combattenti e civili. Nella battaglia di Borodino combattuta il 7 settembre 1812, in un solo giorno di combattimenti, la Grande Armée napoleonica e le truppe russe del generale Mikhail Kutuzov persero un totale di circa 80 mila uomini tra morti, feriti e dispersi. Il generale Philippe de Ségur (1780-1873), che ne fu testimone, ricorda come «una pila di scheletri, in cima a una delle colline, sovrastava l’insieme. Era come se la Morte in persona avesse posto là il suo trono» (History of the Expedition to Russia Undertaken by the Emperor Napoleon in the Year 1812, Harper & Brothers, New York, 1872, vol. II, p. 119). 

Immagini di questo genere sembrano delinearsi sul futuro del tragico conflitto russo-ucraino. Non manca chi definisce Putin il Napoleone del Cremlino, equiparandolo al grande condottiero francese. Ma se c’è un’analogia tra la politica dell’amalgama di Napoleone e quella di Putin, c’è anche una profonda differenza tra i due personaggi: a Putin manca il genio militare del condottiero francese. Il generale Bonaparte, fin dalle sue prime campagne in Italia e in Egitto, rivoluzionò con successo la strategia e la tattica del suo secolo. Vittorie come quelle di Marengo, di Austerlitz e di Jena, lo portarono a conquistare, anche se in maniera effimera, larga parte dell’Europa continentale.

L’“operazione militare speciale” di Putin avviata il 24 febbraio 2022 si è rivelata invece un disastro. Il piano del leader del Cremlino era di far cadere il governo di Kiev e arrivare ai confini della Polonia, nella convinzione che l’Occidente non avrebbe reagito e l’Ucraina non sarebbe stata in grado di farlo. Il blitzkrieg è fallito: l’intelligence russa ha sottovalutato l’avversario, i generali di Putin, molti dei quali sono stati falcidiati in battaglia, non sono stati all’altezza della situazione, l’esercito si è rivelato impreparato e male armato, le perdite subite sono state enormi (oltre 80.000 tra morti feriti e prigionieri). Dopo sette mesi, Putin è stato costretto a una mobilitazione parziale, ma il richiamo di 300mila riservisti ha prodotto fughe di massa, non ancora interrotte. Se il progetto imperiale di Bonaparte si infranse in Russia, nel 1812, la “Grande Russia” di Putin sembra destinata a infrangersi in quella terra di Ucraina che della Russia costituì il primo nucleo storico.

Per evitare il fallimento, il leader del Cremlino potrebbe davvero ricorrere all’arma nucleare?  Così facendo, Putin non solo entrerebbe nella galleria dei peggiori criminali della storia, ma porterebbe all’auto-distruzione quella Madrepatria che esalta con toni lirici. 

In Europa ci si preoccupa per la minaccia di una possibile guerra atomica. La vera tragedia del nostro tempo non sta tuttavia nell’olocausto nucleare che incombe sul nostro futuro, ma in quello, già in atto, delle anime prive di guida, abbandonate dai loro Pastori, immerse in un caos che le conduce alla morte spirituale, che è ben più grave di quella dei corpi fisici. 

Chi affida alla Madonna il futuro del mondo, ha in mente le parole di suor Lucia a padre Agostino Fuentes, postulatore della causa di beatificazione di Giacinta e Francesco Marto, in un’intervista del 26 dicembre 1957: «La Santissima Vergine ha detto molte volte, ai miei cugini Francesco e Giacinta e a me, che molte nazioni scompariranno dalla faccia della terra. Ella ha detto che la Russia sarà lo strumento scelto dal Cielo per punire il mondo intero, se prima non otterremo la conversione di quella povera nazione».

Suor Lucia disse inoltre al padre Fuentes: «Padre, non dovremmo attendere un appello del Santo Padre da Roma, che chiami il mondo a fare penitenza. Né dovremmo attendere un appello del genere dal nostro vescovo nella nostra diocesi, o dalle congregazioni religiose. No! Nostro Signore si è già servito molto spesso di questi mezzi e il mondo non se ne è curato affatto. È per questo che ora è necessario che ciascuno di noi inizi a riformare se stesso spiritualmente. Ognuno di noi ha il dovere di salvare non solo se stesso, ma anche di aiutare tutte le anime che Dio pone sul nostro cammino».

Un modo di aiutare le anime è quello di contribuire a far chiarezza nella confusione in cui oggi siamo immersi, anche a costo di essere incompresi o fraintesi. Ma è necessario continuare a farlo.

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