Sabato 30 aprile 2022, in occasione del 450 anniversario della morte di San Pio V, mons. Marco Agostini ha celebrato una solenne Messa secondo il Rito Romano antico nella Cappella Sistina della Basilica di Santa Maria Maggiore, dove riposano i resti del santo pontefice.
«L’amore alla Chiesa, la gloria del Salvatore, l’onore della Sede Apostolica e il bene dei cristiani, ossia la gloria di Dio e la salvezza delle anime – ha affermato mons. Agostini nella sua omelia – furono le preoccupazioni assolute di un pontificato, durato 6 anni e 114 giorni, tutto volto ad attuare fedelmente le risoluzioni dell’Assise Tridentina, da poco conclusa, e difendere la Cristianità dal pericolo ottomano».
Di san Pio V mons. Agostini ha ricordato l’impegno per la Lega Santa con la vittoria di Lepanto e la Madonna del Rosario, il progetto di riforma della Curia Romana con la revisione del Corpus Iuris Canonici, ma soprattutto «sull’elemento fondante la sua azione di uomo, di religioso, di Papa, elemento dal quale tutto conseguì: la Fede vissuta e indagata, che nella Sacra Liturgia in modo solenne si conserva, si accresce, rifulge e si trasmette».
«Com’è Fede della Chiesa di cui era Pontefice e com’è tradizione dell’Ordine di San Domenico a cui apparteneva, il nostro Santo riteneva la Santa Eucaristia, la presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo in Corpo Sangue Anima e Divinità, il tesoro più prezioso che ci fosse al mondo. Nella Santa Messa riconosceva tutta la vita del Salvatore, in essa contemplava, adorava, si univa a Gesù. Riteneva, parimenti, la Santa Messa come il mezzo più alto per illustrare la vita di Cristo».
«Nel solco della Tradizione – ha continuato mons. Agostini – san Pio V riconduceva l’origine delle Cerimonie cristiane, ossia le azioni della Santa Liturgia, alla volontà esplicita del Salvatore nell’Ultima Cena e all’atto preciso del Salvatore descritto nei versetti 30-31 del capitolo XXIV del Vangelo di Luca, là dove l’Evangelista dice: “Cognoverunt eum in fractione panis” [i discepoli di Emmaus] conobbero Cristo quando Egli spezzò il pane». Per questo, «la nostra salvezza sta nel conoscere Dio e se le Sacre Cerimonie, la Sacra Liturgia, ci fanno conoscere Dio, allora ne comprendiamo la grandissima utilità, perché nulla c’è di più importante e più utile alla salvezza che conoscere Dio come dice Gesù nel Vangelo di Giovanni: “Questa è la vita eterna, che conoscano te solo vero Dio e Colui che hai mandato Gesù Cristo” (17,3)».
«Chi ama grandemente Cristo amerà grandemente anche le Sacre Cerimonie» – ha ribadito mons. Agostini – mentre «chi stima poco Cristo poco stimerà anche le sacre Cerimonie. Chi apprezza niente Quello, niente apprezzerà queste. Chi si burla di Quello si burlerà anche di queste. Fu la ragione per la quale San Pio V si applicò con Fede, intelligenza e cuore all’opera di restaurazione della Sacra Liturgia sapendo di difendere con essa il Dogma dagli eretici che poco stimano, e addirittura avversano, oggi umiliano e contraffanno, le Cerimonie Ecclesiastiche. Egli che tanto amò la Chiesa volle che essa esprimesse nel miglior modo possibile il suo amore a Cristo, la cui gloria egli sempre cercò, avendo cura di conservare e trasmettere ciò che Cristo aveva istituito: sta qui l’onore della Sede Apostolica e della Cristianità».
«A 450 dalla morte di un Riformatore che riformò la Chiesa riformando sé stesso – ha concluso mons. Agostini – è salutare apprezzarne l’eredità e rilanciarne lo spirito, per ritrovare quella vitalità spirituale che sola innerva lo slancio per una nuova Evangelizzazione e per potenziare la vista soprannaturale che riconosce e smaschera gl’inganni contemporanei. (…) Alle nuove generazioni la via del cielo, la vita soprannaturale, può essere indicata solo dal Vangelo, dalla sana Dottrina e dai Santi compresi quelli esigenti come San Pio V». Riportiamo di seguito il testo integrale dell’omelia di mons. Marco Agostini.