Russia, Bielorussia, Cina

Russia, Bielorussia, Cina
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L’apertura di un nuovo conflitto in Medio Oriente ha comprensibilmente abbassato la soglia di attenzione dell’Occidente e la (poco diffusa) coscienza critica dei suoi media davanti alla crisi dell’Ucraina. E questo in concomitanza con lo spostamento da parte della Federazione Russa di armi nucleari tattiche in Bielorussia, come documentato da GIS, Geopolitical Intelligence Services (https://www.gisreportsonline.com/r/russia-belarus-nuclear/).

Cosa sono le armi nucleari tattiche (anche dette ‘non strategiche’)? Sono armamenti a gittata ridotta e forza esplosiva inferiore rispetto alle armi a lunga gittata, ossia i missili balistici intercontinentali. Le armi tattiche sono equipaggiate senza superare 100 kilotoni (1 kilotone equivale a 1000 tonnellate di TNT) mentre quelle strategiche superano questa soglia. Le prime sono impiegate contro obiettivi politici o militari, le seconde contro città di ampie dimensioni o comunque contro obiettivi politici-militari sensibili. Mentre le armi strategiche sono limitate dagli accordi in essere tra Stati Uniti e Federazione Russa noti come New START, quelle tattiche sono per così dire eslegi: la Federazione Russa ne ha oltre 2000 mentre Stati Uniti e NATO combinati solo 100, metà delle quali su suolo europeo.

Se si affianca questo dato con una situazione cronica che vede l’Ucraina praticamente ‘nuda’ davanti alla Russia dal 1994, senza armi atomiche di difesa, si capisce bene in cosa consista la ‘delusione del controllo d’armi’. Ne parlava un politologo e storico italo-americano, Angelo Codevilla, che in un’audizione della commissione del Senato per gli Affari Esteri al Senato del lontano (si fa per dire) maggio 1989 faceva notare al presidente (nientemeno che Biden) come l’URSS avesse surrettiziamente installato oltre 400 chiese ortodosse in Ucraina, senza che ve ne fosse una richiesta dal basso. E legava queste considerazioni al generale e diffuso disdegno con cui i sovietici solevano trattare il ‘controllo degli armamenti’. Tutte questioni tornate di attualità, dalla religione alle armi atomiche, forse mai scomparse del tutto, o forse (ancora) messe da parte perché scomode da affrontare.

Ma in qualche modo i nodi verranno al pettine. Per rendersene conto è sufficiente incasellare la serie delle forniture americane all’Ucraina: giugno 2022, sistemi razzo artiglieria ad alta mobilità Himars; gennaio 2023 carrarmati Abrams M1; maggio 2023 F-16; mentre ora sono al vaglio le forniture di Atams (sistemi d’arma tattici missilistici con testate dotate di esplosivo o con munizioni a grappolo antiuomo) che consentono una gettata di 300 kilometri, quattro volte superiore agli Himars.

Come illustrato in Dangerous targets di Rusi (28 aprile 2023), la presa delle strutture nucleari a uso civile è stato uno degli obiettivi primari dei servizi russi fin dall’inizio dell’aggressione in Ucraina: «Al momento di entrare in Ucraina dalla Bielorussia la mattina del 24 febbraio, le forze militari russe hanno sequestrato l’impianto nucleare di Cernobyl nel giro di poche ore…. Due cose divennero subito evidenti: Mosca aveva pianificato da tempo di impadronirsi del sito; e l’esercito russo era sfortunatamente impreparato per operare intorno a un impianto nucleare. I servizi speciali russi hanno sequestrato gli archivi dell’impianto e tutti i dati in esso contenuti. La forza lavoro ucraina è stata tenuta in ostaggio per mantenere in attività le operazioni dell’impianto… Accanto a queste azioni chiaramente pianificate, le unità russe hanno scavato trincee all’interno dei confini della Zona di Esclusione, dissotterrando le particelle radioattive che si erano depositate nel terreno dopo il disastro del 1986, trascinandole intorno al sito e agli edifici della struttura e aumentando i livelli di radiazioni nella zona».

Ampliando il discorso e venendo al vero gestore dei conflitti oggi in corso, si arriva alla Cina. Per tutta l’estate ha sfruttato ogni occasione o pretesto per parlare a favore dell’autorità palestinese senza che i media occidentali alzassero la soglia di guardia. E questo perché ormai la Cina ha ridotto la Russia al ruolo di potenza di secondo rango succube del suo espansionismo demografico ai confini tra i due Paesi. Le riserve petrolifere russe sono ora largamente incanalate e svendute, più che all’emergente India, a Pechino che non ha decisamente intenzione di sfruttare le potenzialità di un’economia green o circolare.

Su Atlantic Council (8 maggio 2023) è stato scritto che «la Cina contribuisce a proteggere l’economia russa, in particolare il suo settore vitale delle esportazioni petrolifere, dalle conseguenze dell’aggressione all’Ucraina. Le importazioni cinesi di greggio russo hanno raggiunto un livello record a marzo 2023 e probabilmente aumenteranno ancora… Le notevoli limitazioni logistiche imposte alla Russia prima e durante il periodo bellico rivelano che le esportazioni di camion dalla Cina forniscono un’assistenza decisiva e tempestiva alle forze armate russe. È probabile che la Russia stia facendo un dual use delle sue importazioni di camion civili dalla Cina, utilizzando queste forniture per colmare le lacune della sua logistica militare». Peraltro, la Cina non perde occasione per riappropriarsi, almeno nelle nuove carte ufficiali, dell’isola Heixiazi-Bolshoy Ussuriysky nel nord della Manciuria che accordi pregressi del 2001 e 2008 avevano accordato alla Federazione Russa. Evidentemente le risorse hanno imposto un’altra verità ai decisori politici di Pechino.

Non dimentichiamo poi, per quanto riguarda il Medio Oriente, che l’autorità palestinese è stata una creazione del vecchio direttore del KGB Andropov, come ci ha ricordato l’analista Marco Rota (https://www.theglobalnews.it/2023/10/11/israele-il-medio-oriente-e-la-nuova-guerra-fredda/). E che Mosca continua a svolgere potentissime campagne di disinformazione.

Non è un caso che sia stata l’Okhrana, i servizi dello zar, ad agevolare l’alleanza franco-russa del 1893: e che il primo direttore dell’Okhrana a Parigi, Rachkovsky, come documentato da Rita Kronenbitter (Paris Okhrana 1885-1905), riusciva ad avere un’udienza anche con Leone XIII per proporre al Santo Padre di usare congiuntamente le forze diplomatiche dei due Stati per sedare i moti di ribellione in Polonia. Rachkovsky alla fine non riuscì a sfruttare il momentum della diplomazia vaticana perché San Pietroburgo non avallò l’operazione, diversamente da quanto gli era riuscito di fare nel corso del decennio precedente con lauti finanziamenti ai migliori giornali parigini tramite il giornalista danese Jules Hansen che lo portò dritto dal consigliere degli affari esteri e da Delcassé. Anche questo episodio che si inquadra nel periodo delle ‘lettere franco-russe’ del 1893 deve far meditare sul perché sia servito più di un anno alla Francia per colpevolizzare senza remore la brutale aggressione russa dell’Ucraina.

La Russia conduce le sue campagne di disinformazione tossiche perché non ha mai dismesso i suoi timori di essere aggredita da occidente, dalle grandi pianure europee. Uno dei suoi gruppi di hacker più affermati, solo recentemente smantellato, è stato in attività dal 1996 al 2015, cambiando volta per volta i mezzi di aggressione ma restando in sostanza identico nei suoi fini destabilizzanti di furto delle informazioni e disseminazione di propaganda. Il gruppo, noto come Turla, si è fatto conoscere nel 1996 con l’operazione Moonlight maze a cui ne sono seguite di più complesse nel 2008, nel 2015 (quando ha aggredito i satelliti in orbita) e successivamente si è associato a reti hacker iraniane, inglobandole. Ma il suo vero successo è stata la disinformazione seriale con reti di bot (anche oggi in molti video youtube compaiono al fondo commenti ambigui, di critiche velate o pesanti contro l’Occidente, scritti da falsi utenti con nomi verosimili). La rete Turla esemplifica bene il modo di lavorare russo e fortunatamente è stata smantellata nel 2015 con l’operazione Perseo dall’FBI.

Le operazioni russe non mirano soltanto al raggiungimento di un obiettivo fisico, tangibile e misurabile, ma a diffondere e propagare uno stato d’animo, una sensazione e un’atmosfera: un sentiment. È così che va intesa l’escalation dell’unità 29155 del GRU per sabotaggi, sovversioni e assassini a partire dal 2014: detonazioni nella base NATO in Repubblica Ceca, l’omicidio di Skripal in Inghilterra in condizioni limite e senza timore di venir scoperti. Si tratta di un cambio netto rispetto alle modalità più caute adottate in passato. Come si vede è uno scenario che ci riguarda da vicino. A essere aggredito è ancora e sempre il cuore dell’Europa che ora si dovrà riconfigurare in un lungo periodo (5-7 anni) di virata e ritorno ai principi dopo diverse sbandate della locomotiva tedesca che riteneva di poter gestire un mercantilismo aperto del tutto ai russi, nella più bieca smemorataggine di cos’era la Germania ricostituita dagli Alleati: un blocco anti-russo.

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