In lingua tedesca, per i tipi della Nova&Vetera, nella nuova collana intitolata Quaestiones thomisticae, Eduard Habsburg-Lothringen ha recentemente pubblicato uno studio già scritto nel 1999 come dissertazione accademica di teologia sulla “fine del neotomismo”.
In lingua tedesca, per i tipi della Nova&Vetera, nella nuova collana intitolata Quaestiones thomisticae, Eduard Habsburg-Lothringen ha recentemente pubblicato uno studio già scritto nel 1999 come dissertazione accademica di teologia sulla “fine del neotomismo”.
Il tema è dei più interessanti e lo stesso sottotitolo (Il ‘68, il Concilio e i Domenicani) a 40 anni esatti dall’ultima rivoluzione culturale d’Occidente ci dice molto circa la sua attualità e pertinenza, anche alla luce della nuova ricomprensione dell’evento-Concilio messa in atto dal pontificato di Benedetto XVI.
L’autore, studioso ancora giovane ma molto dotto, stabilisce un parallelo tra la scuola di pensiero neotomista, che individua la ben nota rinascita della filosofia scolastica avutasi nel XIX secolo anche grazie all’Enciclica Aeterni Patris di Leone XIII, e le celebri acquisizioni teoretiche contenute nel saggio di Thomas S. Kuhn circa La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1970), conosciute come il Paradigma di Kuhn.
In effetti la fine del neotomismo somiglia molto al “cambio di paradigma” illustrato dello studioso inglese: una scuola di pensiero forte, radicata, autorevole e autorizzata, che ha i suoi prodromi già nei tomisti del ‘500 come il Gaetano e Giovanni di S. Tommaso, e che ha sempre avuto l’appoggio del Magistero della Chiesa, si è andata spegnendo in un tempo assai rapido e senza apparenti ragioni proporzionate.
Tanto più che l’ultimo Concilio Ecumenico per ben due volte e con termini impegnativi raccomandava i maestri cattolici di seguire il Gigante d’Aquino (Optatam totius, n. 16 e Gravissimum Educationis, n. 10), così come pure hanno continuato a fare i recenti Sommi Pontefici, basti pensare a Giovanni Paolo II nella Fides et Ratio (in part. i nn. 43-44).
Com’è avvenuta dunque questa triste fine? L’autore centra le sue analisi sugli effetti che ebbe il Concilio, nella sua ricezione comune e in particolare nell’ordine di s. Domenico, e il parallelo assalto alla Tradizione compiuto dagli intellettuali della rivoluzione studentesca: da questa miscela esplosiva scaturì in molti teologi e filosofi cattolici la ferma convinzione che si stesse verificando un vera “mutazione antropologica” destinata a ribaltare tutti i principi e i valori fino ad allora tenuti per certi e stabili.
Negli ambienti domenicani francesi e tedeschi, quelli cioè principalmente presi in considerazione dall’Autore, si insinuò in poco tempo una mentalità radicalmente nuova che non solo tendeva ad apportare cambiamenti e modifiche all’interno della vita religiosa, ma aspirava nettamente ad una soluzione di continuità con tutta la storia, le tradizioni e la forma del loro Ordine.
L’Autore nelle conclusioni dell’opera asserisce che, rispetto alla prima redazione del suo studio, la situazione del tomismo contemporaneo pare conoscere qua e là una nuova primavera di studi e di interesse, anche a livello accademico laico.
Un pregio particolare del testo è poi quello di contenere i risultati di interviste condotte dall’Autore nel 1993 a teologi ed autori sia interni al neotomismo che informati su di esso e la sua crisi: si scoprono così le opinioni autorevoli, tra le altre, di personalità come Christoph Schoenborn e Marie-Dominique Philippe, Jean-Hervé Nicolas e Eduard Schillebeeckx, Cornelio Fabro e Joseph Ratzinger.
[EDUARD HABSBURG-LOTHRINGEN, Das Ende des Neuthomismus. Die 68er, das Konzil und die Dominikaner, Nova&Vetera, Bonn, 2007]