(di Danilo Quinto) «Risolverò io il problema degli esodati, insieme a quello della flessibilità in materia di lavoro». Sembra una minaccia, detta così. A farla, il Presidente del Consiglio Mario Monti, al fine di sostenere il suo Ministro del Lavoro, in questa lunga “partita” che sembra non avere né esito né termine, tra tavoli tecnici, convocati e sconvocati, cifre fluttuanti e vertici dell’INPS che “sarebbero da rimuovere se fossero dipendenti di un’azienda privata”.
Il tutto si gioca letteralmente sulla pelle dei cosiddetti esodati, un neologismo che ricorda migrazioni bibliche e che riguarda i lavoratori ultracinquantenni espulsi dal mercato del lavoro e non ancora ammessi al trattamento pensionistico. Persone, se qualcuno a questa parola destinasse ancora una qualche forma di interesse, con mutui da pagare, figli minori a carico, cartelle esattoriali in arrivo, che sono state messe – a causa della riforma varata da questo Governo – nella condizione di non poter accedere al trattamento pensionistico.
Quanti sono? I vertici dell’INPS dicono oltre 400mila. «Numeri fuorvianti, che si prestano a strumentalizzazioni», sentenzia la Fornero, che viene però smentita da una ricerca condotta dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, secondo la quale gli esodati sui quali è necessario intervenire sarebbero almeno 370mila. I consulenti del lavoro – oltre a sottolineare che nel 2011 sono stati oltre un milione e mezzo i lavoratori destinatari dei trattamenti di cassa integrazione e circa 188mila alla mobilità – sugli esodati affermano che «se è vero che 65mila lavoratori sono stati salvaguardati dal decreto, ne restano almeno altri 300mila che in virtù della normativa vigente si ritroveranno presto in una situazione analoga».
Cifre che rimbalzano da una parte all’altra, con i sindacati che dichiarano – nonostante i loro costosi Centri Studi – che loro non dispongono di dati. Per il Ministro Fornero, la dizione corretta di esodati ‒ ha detto durante il suo intervento in Parlamento ‒ è quella di «lavoratori che meritano di essere salvaguardati dagli effetti dal recente inasprimento dei requisiti per l’accesso alla pensione». A suo parere, sono circa 55mila i nuovi soggetti da tutelare, oltre i 65mila già individuati. Il Governo sapeva di un’altra platea di lavoratori interessati, ma «la non imminenza del problema che riguarda coloro che andranno in pensione dal 2014, e l’assenza di risorse finanziarie per un bilancio già messo a dura prova ‒ ha spiegato il Ministro ‒ ci hanno fatto ritenere si potesse affrontare il problema degli altri nei mesi successivi con criteri di equità e sostenibilità finanziaria».
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Siamo quindi di fronte ad un Governo che ritiene di risolvere la situazione drammatica di 55mila cittadini, nei mesi successivi. Non importa che non percepiscano né introiti né tutele, ora e non importa che cosa avverrà. Devono attendere un anno e mezzo per la pensione, sempre che non vi sia un’altra riforma. Il Ministro, però, ha fatto una proposta rivoluzionaria: l’istituzione di un tavolo tecnico per trovare un’intesa tra Parlamento e parti sociali. Ha formulato varie ipotesi, annunciando anche il varo di una commissione che verifichi le forme di gradualità nell’accesso al pensionamento. Quale magnanimità. Ha anche auspicato l’approvazione urgente della sua riforma del lavoro. Quella che il Presidente di Confindustria ha definito una «boiata», comunque da approvare subito, anche per lui.
Di “boiata” in “boiata”, nel Paese si stanno consumando drammi sociali di gravi dimensioni, che non hanno precedenti, con i partiti che assecondano soluzioni confuse e contradditorie. Di questo passo, esodati diventeremo tutti, prima o poi. Tranne i tecnocrati e coloro che a questi hanno delegato il futuro, pensando un giorno di tornare a gestirlo.