Nuove criticità in Cina, autoritarismo in Perù

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(Mauro Faverzani) Sempre drammatiche le condizioni, in cui vivono i cattolici in Cina. L’ultima novità è giunta dalla provincia dell’Heilongjiang: anche qui, come altrove, le autorità territoriali hanno strutturato un sistema di ricompense per tutti i delatori, disposti a segnalare “reati” legati al culto delle comunità cristiane. L’obiettivo, formalmente, è quello di reprimere le attività religiose “illegali” e di “prevenire” eventuali focolai di Covid-19, ma che si tratti di generici pretesti lo dimostra il fatto che il provvedimento riguarda anche quanti distribuiscano materiale religioso all’esterno dei luoghi di culto, quanti promuovano donazioni non autorizzate in beni o denaro e quanti distribuiscano stampe e pubblicazioni. Le spiate, anche a carattere anonimo, possono essere trasmesse via telefono, per mail o tramite lettera ed i compensi possono raggiungere anche i mille yuan, pari a circa 150 dollari.

Tale metodo, che è già in uso in altre regioni della Cina, come nel distretto di Boshan, nello Shandong, ha già provocato diversi arresti ad opera della Polizia, intervenuta anche senza mandato e facendo ricorso alla violenza.

Intanto, dall’altra parte del mondo, in un altro Paese, il Perù, il regime comunista ha impresso con forza un’inquietante svolta autoritaria. Ed anche qui, come già in Spagna, pure retta da un esecutivo di estrema sinistra, la Conferenza episcopale nazionale ha diffuso un documento ufficiale dal titolo Con passi decisi, rendiamo grande il nostro Perù, in cui esprime viva preoccupazione in merito. Benché l’esecutivo guidato dal presidente Pedro Castillo abbia ottenuto nei giorni scorsi la fiducia dal Parlamento, i vescovi hanno condannato il clima di esasperazione imposto dal regime, auspicando un ritorno alla democrazia, alla Costituzione ed alla legalità: «Notiamo con profonda preoccupazione – scrivono – che l’estrema polarizzazione politica crea incertezza nel Paese ed ha ripercussioni in tutti i settori della società. Allo stesso tempo colpisce sempre più i valori della convivenza umana nel rispetto reciproco, nella tolleranza e nella responsabilità sociale». Ed ancora, più avanti: «Orientiamo la democrazia verso la libertà, evitando ogni autoritarismo».

Secondo i prelati, la stessa vita di fede verrebbe oggi messa in discussione: «Vogliamo continuare ad esercitare il nostro diritto ad esprimere la nostra fede in modo libero e responsabile». La Conferenza episcopale peruviana accusa il presidente Castillo anche di aver abbandonato, sole nella loro miseria o nella discriminazione, migliaia di persone, incapaci di reagire autonomamente, mentre le crescenti disuguaglianze sociali starebbero provocando dolore e rabbia tra la povera gente.

Detto questo, sono opportune tuttavia alcune precisazioni, per poter avere un quadro completo della situazione peruviana: il presidente è certamente uno dei leader del partito Perù libero, che professa come ideologia di riferimento il marxismo-leninismo, l’anti-imperialismo, l’anti-americanismo ed il populismo di estrema sinistra. Il premier voluto da Castillo a capo del governo, Guido Bellido, è peraltro su posizioni contigue a Sendero Luminoso, il movimento terroristico responsabile della morte di migliaia di cittadini, ed in molti posti-chiave dell’esecutivo figurano politici noti per le loro posizioni estremistiche. Va però anche aggiunto come il presidente Castillo, che incredibilmente si dichiara, ad un tempo, marxista e cattolico, si sia detto contrario all’aborto ed alla sua legalizzazione, all’eutanasia, al “matrimonio” tra persone dello stesso sesso ed al consumo di marijuana, esprimendo così una forte contrapposizione tra ideali ed ideologia, contrapposizione resa critica dalle nomine politiche compiute, dal partito in cui milita e di cui è esponente di spicco, certamente lontano anni luce dal Catechismo della Chiesa cattolica.

Si tratta, insomma, di una situazione da monitorare: i vescovi peruviani la ritengono già ora compromessa, almeno sul fronte sociale. Qualora però le forze estremistiche interne all’esecutivo dovessero prendere il sopravvento, le criticità potrebbero facilmente coinvolgere anche l’ambito bioetico. E la situazione precipiterebbe in un tunnel di difficile soluzione. 

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