La scellerata decisione di Vladimir Putin di invadere l’Ucraina si sta in realtà rivelando un azzardo gravissimo perché, messa di fronte alla prova dei fatti, la macchina da guerra dell’orso post-sovietico sta mostrando una serie enorme di limiti, criticità, default, che i vertici militari di Mosca non avevano previsto. E’ questo un punto nodale che è necessario approfondire, per comprendere rettamente le enormi difficoltà che la macchina da guerra russa sta incontrando nella sua temeraria aggressione al sovrano Stato ucraino.
Per decenni, durante la Guerra Fredda, l’opinione pubblica occidentale ed europea in particolare, ha vissuto nel timore della devastante potenza bellica militare delle forze armate sovietiche e del Patto di Varsavia: timore del tutto legittimo, specie se basato sulla lettura dell’enorme arsenale nucleare atomico russo, secondo solamente a quello USA.
Tuttavia con la caduta del Muro di Berlino e del Patto di Varsavia, all’atto dell’avvio dei trattati di ingresso nella NATO dei Paesi dell’Europa orientale un tempo sottoposti ai regimi comunisti, gli analisti delle forze armate occidentali dovettero prendere atto di un errore di sopravvalutazione degli eserciti del Patto di Varsavia, le cui armi convenzionali (sistemi d’arma individuali, controcarro, contraerei, mezzi blindati e corazzati, vettori aerei da caccia intercettori e da bombardamento) si rivelarono parecchio obsolete rispetto a quelle occidentali. Lo stesso contributo fondamentale della tecnologia elettronica, così come della cybersecurity e delle catene di comando e controllo (il sistema decisionale di gestione degli stati maggiori delle forze armate) risultò molto arretrato rispetto ai modelli sviluppati dai Paesi di area NATO: si potrebbe dire ragionevolmente che l’Impero del Male sovietico – come ebbe a definirlo il Presidente USA Reagan – vinse per lungo tempo una guerra psicologica di dis-informazione basata sulla ostentazione muscolare di una forza armata che in realtà era ben al di sotto delle sue sopravvalutate capacità offensive. La guerra in Afghanistan ne fu la prova provata.
Questi presupposti sono molto utili per comprendere le ragioni della grave impasse in cui le forze armate russe si sono impantanate nella invasione dell’Ucraina. La prosopopea di Putin si è scontrata con una realtà bellica che ha messo a nudo tutti i gravi limiti del sistema militare russo per molti versi non all’altezza di una guerra convenzionale tra eserciti, non adeguatamente addestrato con personale professionista come quello occidentale, incapace di sostenere uno sforzo logistico enorme che impegna le capacità che solo le forze armate NATO, ed in parte quelle cinesi, hanno a disposizione.
Risulta così, agli occhi degli analisti militari occidentali, una narrazione retorica e militaresca più che militarista dell’apparato bellico russo impantanato in una guerra che costa e costerà molte vittime a Mosca.
Il generale Bertolini, già comandante della Brigata Paracadutisti Folgore del COFS, Comando operativo forze speciali, evidenzia un punto in particolare: in Ucraina il protagonista della risposta all’invasione russa non è dato da gruppi di resistenza e di guerriglia – come nella guerra in Siria o in Libia, dove si sono misurate recentemente le forze armate russe – ma l’esercito ucraino, che da un punto di vista ordinativo, da un punto di vista degli equipaggiamenti, da un punto di vista della dottrina è un esercito molto ben organizzato e che dopo l’invasione della Crimea da parte di Putin, ha avuto negli ultimi 8-10 anni, da parte occidentale, aiuto significativo di materiali d’armamento e addestramento. Quindi è un esercito tutt’altro che trascurabile.
Questa analisi è confermata dalle enormi difficoltà che hanno le forze dell’aviazione russa ad occupare lo spazio aereo, necessario in ogni guerra moderna a garantire il dominio degli spazi terrestri e la protezione delle forze corazzate e della fanteria: gli efficaci sistemi d’arma antiaerea occidentali in dotazione all’Ucraina hanno seminato il terrore nell’aviazione russa e si consideri il costo enorme in termini economici per l’abbattimento di velivoli caccia e bombardieri, posto il fatto che la stentata produzione economica russa è solamente pari al 7% di quella USA e il 10% di quella della UE.
Analisi ancora più articolata ed autorevole è quella del generale Claudio Graziano, fino al 2021 Capo di Stato Maggiore delle Forze armate italiane ed ora al vertice della UE, come Comandante del Comitato Militare UE (de facto e de jure lo Stato Maggiore che riunisce i vertici degli eserciti europei).
Conferma il generale Graziano che quando con i suoi colleghi ha convocato la sala di crisi immediatamente dopo l’invasione del territorio ucraino, l’opinione prevalente era che l’esercito ucraino sarebbe collassato nel giro di poco tempo. Questa tendenza a sopravvalutare la forza d’impatto russa – in forza di una ultradecennale pressione massmediatica da guerra psicologica in cui la Russia ha sempre vantato il primato della “voce grossa” e della esibizione muscolare delle proprie forze – è stata evidentemente comune anche allo Stato Maggiore di Putin, che non ha fatto i conti con le forze di difesa aeree dell’Ucraina, che si sono rivelate la componente più efficiente del sistema di difesa in grado, grazie al supporto satellitare occidentale, sicuramente superiore a quello russo, di visionare e “leggere” in anticipo le manovre sul campo dell’invasore.
«Sicuramente Putin ha sbagliato i calcoli» ha spiegato il generale Claudio Graziano, sottolineando come Putin abbia sbagliato i calcoli e preparato un’offensiva sulla base di informazioni non corrette. Ancora: Putin ad oggi ha inviato in Ucraina circa 150 mila soldati che rappresentano addirittura il 60/70 per cento della capacità operativa combattiva immediata (combat ready) dell’esercito russo. Per non sguarnire pericolosamente i capisaldi di difesa del resto di un enorme Paese quale è la Russia, questa forza non può essere aumentata se non ricorrendo ai giovani di leva, con tutte le conseguenze del caso, in termini di inesperienza, mancanza di addestramento, mancanza di motivazione. Ecco perché il regime di Putin ha necessità di fare appello a forze armate mercenarie straniere, tagliagole note per la loro criminale ferocia e mancanza di rispetto delle regole del diritto di guerra internazionale, come le bande cecene di Kadirov e siriane di Assad.
Di fonte all’impasse militare delle forze russe, il rischio che si profila è purtroppo un inasprimento brutale delle regole di ingaggio dell’esercito di Mosca, a cui potrebbe essere dato via libera ad operazioni generalizzate di violazione criminale del Diritto internazionale dei conflitti armati, ovvero il bombardamento indiscriminato dei centri abitati, il massacro della popolazione civile, la deportazione degli sfollati.
Come afferma il generale Graziano la Russia non ha la capacità tecnologica dell’Occidente e spende la maggior parte del suo bilancio militare per il sistema di armi nucleari. Motivo per cui, a suo dire, Putin non può perdere ma non può nemmeno vincere.