(di Danilo Quinto) In altri tempi, migliori di quelli che attraversiamo, una vicenda analoga a quella dei due marò, avrebbe comportato le dimissioni immediate di chi l’ha gestita nel corso dell’ultimo anno. A tutti i livelli e senza discussioni. I nostri tempi, invece, consentono che militari italiani, che hanno semplicemente compiuto il loro dovere, in base a regole d’ingaggio riconosciute da protocolli internazionali e che hanno vestito la loro divisa con dignità, vengano riconsegnati da questo Governo alla giurisdizione di un tribunale speciale indiano.
Cesserà, così, il sequestro diplomatico dell’ambasciatore italiano a New Dehli, avvenuto in dispregio delle norme che sovrintendono le relazioni tra Stati e si celebrerà un processo secondo regole tuttora ignote e incerte, con l’assicurazione – ottenuta perfino per iscritto, dicono la Farnesina e il Ministro della Giustizia, come per consolare i due disgraziati e le loro famiglie – che i nostri soldati non saranno condannati alla pena di morte, che del resto, aggiungono, in India si commina solo in casi estremi.
Almeno non saranno ammazzati, dice il nostro Governo, smentito dal Ministro della Giustizia indiano, che a fronte di quest’affermazione, si chiede come può il potere esecutivo intervenire – garantendola – su una sentenza del Tribunale. Una bella lezione di democrazia liberale, insomma e uno smacco totale della nostra diplomazia e del nostro esecutivo, che prima lascia a marcire per un anno i due marò in India, poi li fa rientrare in Italia per trascorrere il periodo di Natale insieme alle loro famiglie, poi li fa tornare in India, poi chiede all’India di farli di nuovo tornare nel nostro Paese per votare, impegnandosi al loro ritorno a data certa, poi non mantiene la parola data e dice che devono restare in Italia, sottoposti alla nostra giurisdizione, infine soggiace alle minacce relative al nostro ambasciatore, preso sostanzialmente in ostaggio e all’ira di Sonia Gandhi.
Tralasciando le risibili disquisizioni sulle norme di diritto internazionale, che lasciano il tempo che trovano, quanto si è verificato rappresenta semplicemente una vergogna italiana. L’ultima vergogna di un Governo inetto e capace solo di inaridire qualsiasi possibilità di sviluppo del nostro Paese, di provocare il più alto numero di persone povere, di disoccupati, di imprenditori che si sono suicidati e di aziende che chiudono che la storia della Repubblica ricordi.
Un Governo che si è totalmente disinteressato dei bisogni della popolazione e dell’economia reale, attento solo a mantenere rapporti solidi del sistema bancario italiano – emblematica la vicenda abnorme e tuttora silenziata del Monte dei Paschi di Siena, al quale viene assegnato un prestito della stessa entità economica dell’imposta sulla casa pagata in un anno dagli italiani ̶ e internazionale e che ha rivendicato di aver restituito all’Italia credibilità all’estero. Nei confronti di chi gli interessava “garantire” l’Italia: le consorterie economiche e finanziarie, unico punto di riferimento dell’azione che è stata condotta, favorita dalla pusillanimità di un sistema partitico – in particolare del PD e del PDL – che impegnato nel tentativo di salvare se stesso, ha delegato ai “tecnici”, che sono diventati subito politici, la sua responsabilità.
Resta sullo sfondo un Paese immiserito, una politica messa in scacco da un movimento populista e demagogo come quello di Grillo, che cavalca l’antipolitica e contemporaneamente è funzionale alle esigenze del potere ed ora uno Stato che non sa difendere i suoi servitori e che magari teme solo che gli affari economici tra Italia e India siano compromessi dalla vicenda dei due marò. Il prezzo della libertà di due persone e della loro tutela, si può pagare, allora. Senza ritegno, in maniera equivoca, ambigua e rivoltante. (Danilo Quinto)