La vera obbedienza nella Chiesa di Peter Kwasniewski

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FONTE IMMAGINE: Fede & Cultura (https://fedecultura.com)
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Peter Kwasniewski è un brillante studioso americano, autore di apprezzabili libri di liturgia, tra i quali, Nobile Bellezza, sublime santità e Rinascita. La Messa tradizionale come soluzione alla crisi della Chiesa, entrambi pubblicati in Italia da Fede & Cultura, rispettivamente nel 2021 e 2022.

La stessa casa editrice presenta oggi un nuovo testo, dal titolo La vera obbedienza nella Chiesa. Una guida al discernimento in tempi difficili (Verona 2023, pp. 89, euro 14), in cui l’autore si propone di chiarire un tema delicato e complesso: come deve comportarsi un cattolico di fronte al Motu Proprio Traditionis Custodes di papa Francesco e, più in generale, a provvedimenti dell’autorità ecclesiastica che si propongano di impedire o limitare la celebrazione della liturgia tradizionale?

La questione era stata affrontata, tra i primi, dal teologo domenicano Roger-Thomas Calmel, che fin dal 1969 aveva rifiutato il Novus Ordo di Paolo VI e, nel giugno 1971, scriveva sulla rivista  Itinéraires: «La nostra resistenza cristiana di sacerdoti o di laici, resistenza penosissima perché ci costringe a dire di no al Papa stesso circa la manifestazione modernista della Messa cattolica, la nostra resistenza rispettosa, ma irriducibile, è dettata dal principio di una totale fedeltà alla Chiesa sempre vivente; o, in altri termini, dal principio della vivente fedeltà allo sviluppo della Chiesa».

Era in nome dell’obbedienza che padre Calmel si sentiva, in coscienza, obbligato a resistere alla nuova liturgia di Paolo VI. Il principio secondo cui l’obbedienza è dovuta ai superiori perché rappresentano l’autorità stessa di Dio non è assoluto e illimitato. Come ricordava il prof. Roberto de Mattei, intervenendo al Life Rome Forum del 2018, «i nostri superiori, nell’ordine familiare, politico ed ecclesiastico, rappresentano l’autorità in quanto rispettano e fanno rispettare la legge divina. Questa legge divina non è tale perché il superiore ce la impone, ma perché ha in sé stessa, ovvero in Dio che ne è l’autore, il suo fondamento. Chi ha l’autorità, dice san Paolo, è “ministro di Dio per fare il bene” (Rm 13, 4). Però l’amore alla volontà di Dio ci può spingere a rifiutare quelle autorità e quelle leggi che rifiutano Dio e che, rifiutandolo, pregiudicano la sua gloria e mettono in pericolo le anime» (Faithful Children of the Curch: Catholic Obedience in Times of Apostasy, Fondazione Lepanto, Roma 2018, p. 13).

Peter Kwasniewski approfondisce, con ricchezza di documentazione, questa linea di pensiero. L’obbedienza, scrive, è una virtù ed è bella «perché è sempre obbedienza a Dio, sia in modo immediato che in modo mediato» (p. 20). Per chiarire questo concetto l’autore si serve dell’autorità di san Tommaso d’Aquino che, nelle questioni 104 e 105 della Summa Theologica, insegna: «A Dio l’uomo è soggetto in modo assoluto, e in tutte le cose, sia interne che esterne: per cui è tenuto a ubbidirgli in tutto. I sudditi invece non sono soggetti ai loro superiori in Il tema era tutto, ma soltanto in alcune cose determinate. E solo in rapporto a queste i superiori sono intermediari tra Dio e i sudditi. Quanto al resto invece i sudditi sono sottoposti immediatamente a Dio, il quale li guida con la legge naturale o con quella scritta» (Q. 104, a. 5, ad 2). 

Ciò significa che l’obbedienza non è cieca e incondizionata: «il dovere di obbedienza a chiunque non sia Dio non è assoluto e non esiste come nel vuoto: esso sussiste a certe condizioni, opera a diversi livelli, è circoscritto da ben precisi limiti» (p. 21).

Benedetto XV ha confermato, con il Motu proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, la perpetua validità della Messa tradizionale. Papa Francesco con il Motu proprio Traditionis custodes del 16 luglio 2021, ha dichiarato il contrario, creando un’assoluta confusione. In questa situazione, afferma Kwasniewski, non si può ripudiare il nostro patrimonio liturgico, ma bisogna difenderlo, anche a costo di resistere alla autorità ecclesiastica. Il Romano Pontefice esercita una piena autorità su tutti i fedeli, e non ha nessuna autorità sulla terra a lui superiore, ma non può mutare la regola della fede o la tradizione liturgica della Chiesa. Se ciò accade, la “disobbedienza” ad un ordine in sé ingiusto si può spingere fino alla resistenza al Sommo Pontefice. Si tratta di un caso, che non infrange, ma conferma, la regola dell’obbedienza di ogni cattolico al Vicario di Cristo. «Su una cosa – afferma Kwasniewski dobbiamo essere assolutamente chiari: attaccare la Messa tradizionale (o qualsiasi altro rito liturgico tradizionale) vuol dire attaccare la Provvidenza di Dio Padre; rifiutare l’opera di Cristo, Re e Signore della storia; bestemmiare contro la feconda opera dello Spirito Santo nella vita di preghiera della Chiesa. E’ contrario alla pratica di ogni opera della Chiesa, di ogni santo, di ogni concilio e di ogni Papa anteriore al XX secolo» (p. 62).

La resistenza deve essere naturalmente rispettosa e devota, tuttavia, conclude il prof. Kwasniewski, «la coscienza deve fare il suo lavoro senza lasciarsi soffocare da uno specioso abuso di obbedienza, nobile virtù troppo spesso trascinata nel fango dai suoi sfruttatori. E in tal modo, poi, daremo lustro all’obbedienza nella sua forma più alta, più bella, più radicale: l’obbedienza alla verità, per amor del bene – per amor di Dio» (p. 85).  Molto utili, infine, sono le letture di approfondimento che l’autore suggerisce a conclusione del suo interessante saggio (pp. 86-89).

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