(di Mauro Faverzani) Dunque, Boko Haram ha giurato assoluta, cieca, incondizionata «fedeltà» al sedicente “Stato islamico”. La riunificazione delle forze jihadiste sotto un’unica bandiera fa tremare l’Occidente: «In questo modo ora quasi tutta l’Africa musulmana è retta dall’Isis o dai suoi affiliati – ha dichiarato a “L’Express” il prof. Mathieu Guidère, docente d’islamologia presso l’Università di Tolosa –. È la restaurazione del califfato del XIX secolo». Ma è proprio così? O si tratta di un’operazione esclusivamente mediatica, per nascondere in realtà qualche falla?
Certe son due cose. La prima: entrambe le organizzazioni da quest’operazione traggono un beneficio, prima di tutto in termini di immagine. La seconda: la formazione nigeriana appare indebolita. Dopo l’offensiva sferrata a suon di massacri a gennaio e la sua regionalizzazione, la reazione dell’esercito non s’è fatta attendere e sta creando difficoltà ai terroristi islamici, come dimostra il loro ritorno alla strategia degli attentati. Di nuovi attacchi alle città non si parla, tanto meno di un proprio “califfato”, specie dopo l’offensiva militare sferrata da Niger e Ciad, offensiva che ha lasciato sul campo centinaia di miliziani morti, secondo quanto riferito da fonti nigeriane.
Lo stesso presidente del Ciad, Idriss Déby, ha dichiarato guerra agli jihadisti e promesso di volerli «distruggere»: loro pare non abbiano i mezzi e la forza per difendersi da un attacco congiunto e in grande stile, a meno che non ricevano man forte dall’Isis. Da qui, probabilmente, quest’improvviso atto di sottomissione. Che, tuttavia, potrebbe non bastare: «Né Boko Haram, né l’Isis hanno i mezzi militari per combattere contro la coalizione internazionale», afferma Guidère.
Tuttavia, manca un tassello importante al puzzle: ufficialmente l’Isis non ha ancora accettato la promessa fedeltà di Boko Haram, resta da capire se il connubio sia o meno operativo. Il che lascia non pochi dubbi: «Tutto porta a credere che l’operazione sia stata validata», precisa Guidère. Eppure, in passato, intese di questo tipo sono state presentate in modo congiunto. Ora no. Perché? Lo si capirà presto.
In Egitto ed in Libia, infatti, l’Isis ha inviato sul posto propri consiglieri tecnici e politici, per omologare le azioni dei gruppi ancora privi di una logica di conquista territoriale, nonché per inquadrare propaganda e proclami, cosicché siano allineati: «Se davvero la fedeltà fosse accettata – commenta Guidère – qualcosa di simile dovrebbe accadere anche a Boko Haram». Ma, che lo sia o che non lo sia, le grandi manovre in atto lasciano comunque intravvedere la prospettiva di una jihad globale, orientata alla conquista di territori su vasta scala e pronta al grande salto, da azione terroristica a progetto politico. Con le inevitabili problematiche a ciò connesse. (Mauro Faverzani)