Il 1° febbraio scorso si è aperta la 72a edizione del Festival di Sanremo. In tale sede nulla si vuole aggiungere al modo in cui si è verificata tale apertura. Si preferisce lasciar spazio a quanto riportato sul sito della diocesi di Ventimiglia-Sanremo dove, il 2 febbraio scorso, è stato pubblicato un comunicato del vescovo Mons. Antonio Suetta, che ha giustamente denunciato la prima “esibizione” come un blasfemo attacco al sacramento del Battesimo. Ciò che però non può non suscitare interesse, è la reazione del mondo cattolico. Cominciamo da una lettera, pubblicata su L’Osservatore Romano, dove il direttore Andrea Monda commenta: «Chiamati in causa da Fiorello alla cui simpatia non si può resistere, eccoci qui a dire la nostra, come richiesto, su Achille Lauro. In punta di piedi. Perché Sanremo è Sanremo. L’Osservatore è L’Osservatore. E in questo caso si limita ad osservare che, volendo essere a tutti i costi trasgressivo, il cantante si è rifatto all’immaginario cattolico. Niente di nuovo. Non c’è stato nella storia un messaggio più trasgressivo di quello del Vangelo. Da questo punto di vista difficilmente dimenticheremo la recita del Padre Nostro, in ginocchio, di un grande artista rock come David Bowie. Non ci sono più i trasgressori di una volta».
Tale breve intervento è stato ripreso dalle principali testate giornalistiche che, unanimemente, hanno ritenuto opportuno mettere in risalto proprio questa “trasgressività” del Vangelo che supererebbe persino quella del primo concorrente del Festival. Si desume, evidentemente, che la “trasgressività” assuma una connotazione positiva nelle parole di Monda e nel pensiero di tutti quei cattolici che hanno entusiasticamente accolto la risposta dell’Osservatore Romano come la “migliore” al gesto di Lauro. Il tutto si gioca sull’ambivalenza del termine “trasgressione” che, secondo Treccani, nell’accezione più comune vuol dire «violare una norma, un ordine, una legge» ma che, in senso estensivo, può assumere anche il significato di «deviazione dal comportamento condiviso dalla maggioranza, in una società o in un gruppo sociale». In base a questo secondo senso, alcuni si sono spinti ad appoggiare la visione di un Vangelo “trasgressivo” in quanto esso proponeva certamente un messaggio non in linea con il sentire comune dell’epoca in cui visse Nostro Signore e tutti i cristiani a Lui fedeli, in un tempo cioè dove ebraismo e paganesimo erano predominanti.
Ciononostante, non sembra opportuno concedersi il lusso di trascurare il significato primario della parola. Il tempo in cui viviamo è devastato dalla Rivoluzione che il filosofo Plinio Corrêa de Oliveira, nel suo saggio Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, definisce come un processo plurisecolare volto alla distruzione dell’Ordine naturale e divino sostituendo ad esso il disordine. In tale prospettiva il Rivoluzionario è il trasgressore per eccellenza della legge naturale e divina. Perciò, accettare una visione “trasgressiva” del Vangelo o, alternativamente, “rivoluzionaria” – come peraltro, il 6 febbraio scorso, alcuni opinionisti hanno affermato a “Che Tempo Che Fa” prima dell’intervista al Pontefice – significa affermare che Dio può entrare in contraddizione con se stesso. Se, infatti, il Vangelo è parola di Dio e allo stesso tempo è rivoluzionario, ovvero contrario all’Ordine che Dio stesso ha costituito, vien da sé che Dio stia contraddicendo se stesso. Tale visione, di hegeliana memoria, deve essere combattuta e rigettata dal mondo cattolico, in quanto costituisce certamente un errore.
Secondariamente, ciò che preoccupa è la progressiva “normalizzazione” del male. I contenuti proposti dal Festival si collocano proprio in quest’alveo e non sarà l’ironia ad impedire che tali esempi raggiungano tanti giovani, distruggendone l’innocenza o continuando a pervertirne la morale e i costumi. I nostri modelli devono essere Nostro Signore, Maria Santissima e san Giuseppe, i quali hanno versato lacrime amare anche per il più “piccolo” peccato commesso dagli uomini. La loro vita è stata una continua offerta di sacrifici e dolori perché il genere umano potesse essere redento. Questo perché i loro cuori erano così puri da percepire a pieno la gravità di qualunque male che, seppur commesso da creature finite, offende un Dio infinito. Qui giace il motivo per cui è stato necessario che Dio stesso, nella Persona del Figlio, compisse un sacrificio di valore infinito per espiare le colpe degli uomini e rendere loro possibile l’accesso al Paradiso. Quanto più una creatura è consapevole di questo e ama Dio con tutto il cuore, tanto più soffre nel vedere qualsiasi offesa arrecataGli. Allo stesso modo da tale sofferenza deriva la necessità di combattere perché gli unici veri diritti, quelli di Dio, vengano rispettati.
Quanto sin qui detto però non basta. Infatti, oltre alla paventata trasgressività del Vangelo e ai diversi scandali perpetrati in TV, c’è chi si è spinto molto oltre, come il teologo padre Alberto Maggi, le cui parole sono state riportate in un articolo di Repubblica: «L’esibizione di Achille Lauro non mi scandalizza. È un artista e fa spettacolo. Mi scandalizza di più come la Chiesa amministra ancora oggi quel battesimo che Lauro avrebbe profanato. Viene presentato come il modo per liberare i bambini dal peccato originale, quindi da una colpa. Così facendo inculcano l’idea che si nasce in difetto, in colpa appunto. Mentre il battesimo dovrebbe piuttosto essere presentato dalla Chiesa come il momento in cui i genitori e coloro che accompagnano il bambino prendono coscienza della positività della vita e la trasmettono ai propri figli».
La Santa Chiesa Cattolica ha sempre insegnato che il Battesimo è un sacramento che conferisce la prima grazia santificante ed infonde i germi delle virtù soprannaturali, togliendo il peccato originale e gli attuali, se vi sono, con ogni altro debito di pena per essi dovuta; imprime il carattere di cristiano e rende capace di ricevere gli altri Sacramenti. Questo sacramento è l’unico, assieme a Cresima e Ordine, a conferire un carattere, ovvero un segno indelebile che tocca la nostra stessa essenza e che quindi nessun potere umano è in grado di cancellare. Chi afferma che esso è solo una “presa di coscienza della positività della vita”, nel momento stesso in cui assente a tale convinzione, può dirsi privo della fede cattolica. Una tale affermazione è grave perché mette in discussione la realtà tremenda del peccato originale, tramandatoci dai nostri progenitori Adamo ed Eva con la trasgressione, quella sì, della legge divina. Da ciò decade anche la necessità della Redenzione di Nostro Signore, attuata tramite il Sacrificio della Croce: se, infatti, come suggerito dal padre Maggi, tutti nasciamo senza colpa e dunque già santi, come già prima di lui affermava il filosofo Rousseau nell’Émile, allora vano è stato il Sacrificio di Cristo e vana è l’esistenza stessa della Chiesa, che ha da Lui ricevuto il compito di salvare le anime proprio amministrando i tesori della Passione!
È il caso di dire che quel di cui si sente davvero il bisogno non è certo una ulteriore trasgressività, ma, piuttosto, un maggiore amore per Nostro Signore, per la Sua Dottrina e per la Santa Chiesa.