Sono tre gli autori della letteratura del Santo Natale che maggiormente hanno seminato lo spirito cattolico con cui viverlo integralmente, san Francesco d’Assisi (1181/1182-1226), san Gaetano da Thiene (1480-1547) e soprattutto, dal punto di vista teologico, il dottore della Chiesa sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787).
Prima ancora di essere consacrato vescovo della diocesi di Sant’Agata de’ Goti (1762), sant’Alfonso pubblicò nel 1758, per la tipografia napoletana Pellecchia, il libro Natale, la cui copertina era illustrata con un delizioso Gesù Bambino intento a pescare cuori. Contenuto ed immagini quasi sempre vanno di pari passo. Proprio in quegli anni l’artigianato dei presepi raggiungeva a Napoli la sua fama internazionale con le diverse figure ideate, modellate, dipinte o vestite da provetti artisti. Quei presepi rapirono l’Europa e continuano ad incantare per la loro bellezza e talvolta perfezione riprodotta in certuni capolavori passati e presenti. Molti predicatori, poeti e musicisti, più o meno dotati, concorsero ad alimentare il movimento della rappresentazione del Natale, ma fu proprio sant’Alfonso ad approfondire in modo mirabile l’aspetto teologico. Egli diede senso e corpo alla magnificente scenografia dei presepi e all’intensità delle Messe della Santa Notte.
Fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore ed insigne moralista, appena ordinato sacerdote, nel 1726, predicò fin da subito proprio sul tema della Santa Notte di Natale, ispirandosi agli evangelisti e alla dottrina patristica. Il suo primo biografo, padre Antonio Maria Tannoia scrive che nei comuni di Ciorani e Deliceto sant’Alfonso raffigurò «ad olio nei paliotti dell’altare maggiore una bella campagna col mistero della nascita, cioè il santo Bambino adorato dai pastori, con la Vergine e san Giuseppe» (Vita ed istituto del vener. Servo di Dio Alfonso M. Liguori, I, Napoli 1798, p. 8).
Maturò l’intenzione di scrivere un’opera sul Santo Natale all’interno dell’ambiente presepiale napoletano, raccogliendo meditazioni, istruzioni, una novena del Santo Natale e canzoni composte in epoche diverse. Presentò con queste parole il suo progetto editoriale: «Molti cristiani sogliono per lungo tempo avanti preparare nelle loro case il presepe per rappresentare la nascita di Gesù Cristo; ma pochi sono quelli che pensano a preparare i loro cuori, affinché possa nascere in essi e riposarsi Gesù Cristo. Tra questi pochi però vogliamo essere ancora noi, acciocché siamo fatti degni di restare accesi di questo felice fuoco, che rende le anime contente in questa terra e beate nel cielo» (Natale. Meditazioni e poesie, San Paolo, Cinisello Balsamo-MI 1998, pp. 7-8).
Lo scopo era quello di indicare alle anime il giusto metro per vivere il Natale nella tradizione, quindi in spirito di verità e con l’innocenza di chi si abbandona alla Verità rivelata dal Verbo incarnato. Il tono che anima tutto il pensiero natalizio alfonsiano è quello della Croce, la quale affonda le sue radici nella culla di Betlemme, luogo sacro (fin dall’Antico Testamento) dove ha inizio l’altro sito sacrale, il Calvario. L’autore in tutto il suo percorso scritturale insiste sempre sul dramma cruento del Salvatore, nato per sacrificare Se stesso al fine di liberare con il Suo sommo amore le persone dal peccato e dalla condanna eterna. A tale consapevolezza, esposta con mistico ardore, non possono che seguire sia slanci di volontà per unirsi ai patimenti di Gesù, sia sentimenti di profondo amore riconoscente. Anche qui, come in tutto il suo scibile teologico, la traccia spirituale non è quella di formulare speculazioni e acrobazie intellettuali – perseguite spesso e volentieri dai teologi novatori che si allontanano dalla Tradizione – bensì di stimolare le coscienze per condurle a seri e affettuosi propositi da mettere concretamente in pratica.
Con questa sua opera siamo di fronte ad una sorta di breviario natalizio, unico nel suo genere. In queste pagine, colui che è stato definito «il dottore della salvezza», offre un pentagramma necessario e perfettamente equilibrato, scevro di fallaci interpretazioni, ma ricco di ispirazioni fortemente mistiche, che riportano all’essenza del Natale: adorare per davvero, come avevano fatto al loro tempo i pastori di buona volontà chiamati dagli Angeli, il Bambinello dell’umile greppia, posto fra Maria Vergine e san Giuseppe. La dolcezza espressa dal dottore della Chiesa nei confronti del Pargolo divino è infinita, si pensi alla celeberrima canzone Tu scendi dalle stelle, ma anche a Ti voglio tanto bene, o Gesù mio; O dolce vita mia; Bambino mio bellissimo… oppure alle rime A Gesù Bambino della «Coronella di Gesù Bambino» (1734): «O dolce vita mia,/bel Figlio di Maria,/tu sol mio caro Dio,/sei tutto il mio tesor./Vorria per te, Signore,/morire ogn’or d’amore,/per te, Bambino mio,/che m’ai rubato il cor».
La sua istruzione popolare sul Natale divenne così incisiva, che persistette nel tempo anche oggi, a dispetto della secolarizzazione e desacralizzazione, galoppanti pure nella Chiesa. Sulla dotta e allo stesso tempo divulgativa linea alfonsiana si è andata creando una letteratura per l’infanzia dove sono marcati gli accenti devozionistici, aderenti al Natale religioso. D’altra parte, per un autentico approccio alla spiritualità natalizia, occorre avere un cuore e occhi il più possibile puri ed innocenti, come quelli di un bambino, quell’innocenza che si evince esaustivamente nelle melodie, nei canti e nelle rime di sant’Alfonso. Non c’è Natale se non ci si riferisce a ciò che accadde nella Notte divina che spaccò la Storia dell’umanità. Questo stile lo si evince nella meritoria opera de «Il Covile dei piccoli», a cura di Marisa Fadoni Strik e Gabriella Rouf. Nel numero di dicembre di quest’anno, per esempio, l’autrice e traduttrice Rouf ha composto una tenera poesia dal titolo Verso il Presepe, che riproponiamo qui per entrare pienamente nel clima di questo nostro Santo Natale 2021:
«Ci sono i canti e tanti lumicini,
Natale è la festa dei bambini.
Duemila anni e più da quando è nato,
ma nella Notte Santa a tutti dà
nuova luce di fede e di speranza
nuovo segno di pace e di bontà.
Oggi sentiamo tutti più vicini,
Natale è la festa dei bambini.
I bambini capiscono il Natale
perch’è una festa che vuol dire amore,
la famiglia è più vera, più felice,
perché c’è più dolcezza e più calore.
E lo impàrino i grandi dai piccini:
Natale è la festa dei bambini.
I colori, le luci, sono belle,
ma i bambini lo sanno ciò che conta:
è lo sguardo, il sorriso, la parola
che crede nel Natale e lo racconta.
Verso il Presepe ognuno s’incammini,
Natale è la festa dei bambini».