Poniamo lo sguardo sullo stato di salute dei principali Paesi alla luce della guerra in Ucraina e dei suoi sviluppi.
Al tempo del referendum nel Regno Unito, la questione Brexit fu affrontata piuttosto male in Italia, come qualsiasi cosa riguardi la politica estera, che pochi conoscono e di cui nessuno si occupa. Brexit è stata una specie di arma brandita per fare campagne elettorali, per polarizzare il pubblico, soprattutto sui network sociali, circa un tema ormai desueto ma sempre divisivo e cioè la contrapposizione tra due modelli sbagliati: il sovranismo e il globalismo. Sarebbe più corretto affermare che il mondo, ancora oggi, è retto dalla relazione tra attori statali, tra nazioni, con alla base un ordine liberale nient’affatto scomparso, con le sue regole del diritto internazionale, monetarie e del commercio.
Mi limito a qualche considerazione di carattere geopolitico. L’accordo di commercio/cooperazione (TCA) tra Regno Unito e Unione Europea è un trattato tra parti contraenti indipendenti e sovrane. In sostanza, Londra e Bruxelles hanno cristallizzato un nuovo assetto geopolitico; tra le due parti permangono relazioni, tramite accordi, che attengono prevalentemente ai temi della sicurezza e del commercio.
Il Regno Unito si sta riconnettendo in maniera sistematica al Commonwealth e agli Stati Uniti d’America, per cementare un’area di libero scambio tramite convenzioni fino al Giappone, passando per la Città-stato di Singapore e in prospettiva anche Taiwan. In futuro, Londra sarà perfettamente complementare a Washington, inoltre andranno compresi alcuni sviluppi di vasta portata: quale sarà la velocità di implementazione nel nuovo reattore sperimentale a fusione nucleare britannico, come procederà la corsa anglo-americana alla difesa spaziale, quali saranno i prossimi impegni militari dei Paesi dell’Anglosfera sullo scacchiere ucraino-caucasico, dato che la guerra è solo iniziata e si amplierà.
La geopolitica determina i rapporti di forza ed è il risultato essenzialmente della dissuasion militaire – come la chiamano i francesi – comunque di una proiezione di potenza, la quale si esercita o non si esercita, funziona o non funziona, c’è o non c’è; un elemento che prima o dopo smaschera anche la disinformazione.
Per quanto concerne il Mediterraneo e l’Asia mediterranea, Londra esercita una proiezione di potenza da Tangeri all’Oceano Indiano, passando per Gibilterra, Malta, Cipro e Gibuti, in particolare nel quadrante energetico di East Med, dove si sta imponendo anche il concetto di “Grande Israele”.
Il Regno Unito, peraltro, aveva già esteso le sanzioni in ordine alla perforazione del Mediterraneo orientale e va ricordato che nel Mediterraneo la flotta britannica è sempre quella più potente, dopo quella degli Stati Uniti.
Quanto alla Francia, il lavoro diplomatico del rieletto Macron tende a promuovere Parigi come leader nel campo della sicurezza europea, a far da guida in questo senso nell’Unione Europea, mantenendo un presidio in Africa che sarà difficile far coincidere con l’interesse nazionale italiano. La Francia è un player globale con una forza di deterrenza nucleare, ma con una stabilità sociale interna tutta da decifrare (come l’Italia).
Ma è la Polonia lo Stato europeo destinato a diventare interlocutore privilegiato di Regno Unito e Stati Uniti, economicamente e militarmente.
A proposito di “Grande Israele”, nella cultura politica che è alla base della costruzione dello Stato d’Israele, quest’ultimo si estenderebbe dal “Torrente d’Egitto” all’Eufrate, interessando sia il Libano che una parte della Siria. Per quel che so, le relazioni internazionali degli ultimi trent’anni che hanno riguardato il Medio Oriente hanno attinenza con quest’idea messianica, persino il dibattito politico-culturale in corso in Arabia Saudita si connette al concetto di Grande Israele. A mio avviso, questa nuova proiezione di potenza può rappresentare un fattore di normalizzazione dei rapporti con gli Stati arabi sunniti.
Parlando di Germania, la Westbindung fondata da Konrad Adenauer fu incentrata classicamente su sette pilastri: il rapporto privilegiato con gli Stati Uniti; quello speciale di non belligeranza con la Francia; l’adesione all’UE; l’appartenenza alla NATO, il multilateralismo, l’imprinting culturale “renano” intrecciato al Luteranesimo come ideologia del rispetto dello Stato e delle istituzioni; la proiezione di potenza verso l’esterno, che deriva dallo Standestaat e dall’organizzazione cetuale.
Il programma centrista di Angela Merkel è stato tutto sommato coerente con quello dei padri fondatori, ed è confermato anche dall’attuale Cancelliere. I rapporti con la Russia, al netto della confusione che regna a Berlino, si erano deteriorati già prima dell’invasione dell’Ucraina, mentre quelli con la Cina sono solo mercantili. Non è facile destrutturare il Mercantilismo tedesco, solitamente solo le guerre riescono a mitigarlo e poi esso ritorna come un fiume carsico nell’economia mondiale.
Ci sarà in ogni caso una continuità strategica (se reggerà l’euro come valuta), soprattutto perché i tedeschi credono molto nella disciplina e nel rigore, hanno fatto riforme strutturali trent’anni fa, posseggono la liquidità economica per rimodulare il Welfare State, vogliono guidare una sorta di blocco carolingio soprattutto sul piano della gestione finanziaria e della programmazione industriale, delegando ai francesi la guida della difesa europea dentro gli assetti NATO.
Berlino sta lavorando molto sui temi dell’Intelligenza Artificiale, del Fintech, e pochi sanno che in Nord Africa i tedeschi contano più di francesi e turchi, ma nessuno ne parla.
L’invasione dell’Ucraina chiarisce la postura sbagliata di Henry Kissinger e mette in risalto la predizione di George Friedman: nella nuova Guerra Fredda gli Stati Uniti sono la potenza nuovamente in ascesa, mentre la Cina non ha concepito strutturalmente un nuovo ordine mondiale, non potrebbe governarlo solo con gli investimenti economici e senza “la spada”, come tutti gli imperi di ogni tempo.
In più, la Cina ha una narrativa culturale molto debole, che resiste solo in virtù di ingenti investimenti nella disinformazione.
Gli Stati Uniti (in attesa dell’India come futuro alleato, e con il Giappone insieme al mondo anglofono) affrontano Cina e Russia nei Balcani, nel Corno d’Africa, nell’Ucraina allargata (verso il Caucaso) e a Taiwan. Il mondo che verrà è complesso e in subbuglio