Finalmente una pubblicità controcorrente, che non insapona la divisione familiare, che non inneggia alle famiglie “allargate” o “arcobaleno”, che non mostra uomini che compiono ruoli femminili e viceversa, che non guarda il mondo al contrario, ma che torna alla realtà di una famiglia secondo natura con madre, padre, e pone al centro l’innocenza di una bambina triste, la quale non aspira altro che rivedere uniti la sua mamma e il suo papà, e fa di tutto per mettere pace fra di loro, anche attraverso gesti semplici, ma toccanti, come il prendere una pesca per poi dire al papà che quella pesca l’ha voluta e l’ha comprata la mamma… per lui. Stiamo parlando dello spot che tante polemiche ha suscitato in questi giorni, quello che ha per titolo La pesca. Una storia Esselunga, lanciata dalla catena Esselunga, che fondò il suo primo supermercato a Milano nel 1957.
Gli allineati al pensiero unico, che sovrasta le nostre teste e penetra nelle nostre vite con un lavaggio del cervello di minori, giovani e adulti, degno della più bieca propaganda totalitarista, non hanno gradito questa operazione commerciale: stiamo parlando di giornalisti, politici, persone dello spettacolo che si impegnano con aggressiva determinazione a distruggere ora per ora non solo i valori cristiani della famiglia, ma anche i valori familiari che la legge di natura autogoverna dai primordi dell’umanità e in tutte le latitudini e longitudini del pianeta Terra.
La «dittatura del relativismo», come la definiva Benedetto XVI, ha ammaliato egoismi ed edonismi dei genitori, ma non solo, la cultura che è andata a formarsi in decenni di inneggiamento al divorzio e all’aborto, ha totalmente messo in un angolo i basilari bisogni dei bambini: quello di vivere e non venire uccisi nel grembo materno; di avere un padre ed una madre sessualmente definiti; un nido domestico in cui crescere ed essere educati. Queste sono aspettative innate a ciascuna persona ed ogni bambino è una persona in anima e corpo, e va rispettata per quello che è e non per i desiderata dei poteri politici, economici, finanziari, forti e sovranazionali del tempo contemporaneo, che iniettano idee e mode avvelenate a partire dalla più tenera età.
Molti separati e divorziati si sono sentiti offesi, ma moltissimi altri genitori, ma anche non genitori – semplicemente figli adulti che hanno vissuto il trauma infantile della divisione familiare – hanno trovato conforto nel vedere questa pubblicità realista. D’altro canto, la sofferenza del bambino o della bambina di fronte ad una separazione, che spesso comporta una nuova unione con altro compagno o altra compagna (per non parlare poi dei compagni dello stesso sesso), è un fatto tragico tanto da lasciare ferite perenni. Ma i megafoni della cultura disfattista, che macella il valore della famiglia tradizionale, di questo dolore immenso dell’infanzia e dell’innocenza violate non se ne occupa, non guarda a tale realtà che sta sotto gli occhi di tutti e, per salvaguardare le istanze femministe, rivoluzionarie e liberaliste, consegna i piccoli – quando si evidenziano patologie e disturbi comportamentali – a psicologi, psichiatri e psicofarmaci per cercare di tamponare ciò che è irreversibile, in quanto il frutto dell’unione fra i genitori (il figlio) viene ad essere diviso fra l’uno e l’altro, e ciò non può che creare il più delle volte disagio e squilibrio.
Interessante notare i commenti della gente, non tanto sui social quanto quelli pubblicati sul web dalle testate giornalistiche, come per esempio quelli comparsi sul Corriere della Sera: «Grazie a voi del Corriere ed al resto della “sinistra”, ora sono ancora più convinto ad andare all’Esselunga per tutte le mie spese. Grazie ancora», oppure: «Chi ha avuto i genitori separati da piccolo comprende bene questa pubblicità. A me è venuto da piangere guardandola, tanti ricordi…» e ancora: «Finalmente una sana pubblicità che mette speranza anche dove ormai si fa fatica a intravederne una…»; «Spot positivo…bello …. fa riflettere molto sui veri sentimenti … molto ben costruito. Uno dei pochissimi, se non unico, che ti fa meditare …»; «Uno spot capolavoro, molto bello ed intelligente, dà un messaggio importante oltre la semplice pubblicità»; «È uno spot di grande impatto che dovrebbe riempire il cuore ed il petto di ogni singola persona, a me è mancato il respiro per quanto è comunicativo. Brava #Esselunga… sono allibito dal tram tram delle polemiche scatenate… chissà dove arriveremo, no comment»; «Una bambina che vuole bene ad entrambi i genitori, anche se separati, e che desidera una famiglia unita. La mamma non sembra una fanatica drogata e non ha le labbra a canotto, e il padre non sembra un violento maschio tossico. Direi che non c’è nulla di male in questo spot e che qualsiasi polemica sia ridicola»; «Un argomento difficilissimo, ma trattato con un tatto e un gusto unico… c’è poco da criticare, la realtà è questa, i figli soffrono per i genitori separati… è una dura realtà… viva la speranza dell’amore puro dei nostri figli».
Quanto clamore per questa splendida ed oggettiva pubblicità, il perché è evidente: la verità, come sempre, offende! La verità tradizionale lumeggia nelle tenebre e stravolge le elucubrazioni progressiste.
Questo è senza dubbio uno spot profondo, che finalmente non punta sugli istinti e sulle “emozioni” passeggere e caduche, ma sull’essenziale e il duraturo. La maggioranza delle famiglie ormai non è unita, basta fare una statistica nelle classi delle nostre scuole: ai bambini dei separati e divorziati viene raccontata la storiella che il loro malessere “momentaneo” passerà, devono capire che l’amore fra adulti non è per sempre, devono quindi rassegnarsi e andare incontro alle esigenze della propria madre e del proprio padre. Ebbene, questa pubblicità (era ora!) rispecchia il punto di vista dei bimbi: la piccola Emma rappresenta un esercito di bambini e bambine dell’Occidente. Esselunga ha avuto il coraggio di far emergere il malessere dell’infanzia che sperimenta il dolore della separazione dei genitori e la voglia dei piccoli, quando amano papà e mamma, di farli tornare insieme, un po’ come accadeva in alcuni film anni Cinquanta degli Stati Uniti, dove i bambini creavano situazioni benefiche e pacifiche per riallacciare coppie scoppiate.
Quella proposta da Esselunga non è la pace internazionale vacua e ipocrita degli intellettuali da salotto o delle marce per la pace, ma quella all’interno del proprio nucleo familiare, cellula di ogni società.
Dietro ad Emma e alla sua “pesca della concordia” stanno una filosofia di carattere cattolico e sentimenti di impronta tradizionale, ecco perché hanno destato tanto scandalo, derisione e villeggiamento mediatico.
Il 6 novembre del 1979 cardinali, arcivescovi e vescovi polacchi firmarono un documento sui compiti della famiglia cristiana, dove si affermava: «Bisogna dunque aprire la bocca e ad alta voce mettere in guardia tutti contro il programma di depravazione della gioventù mediante l’ateismo, indegno dell’uomo. […] Solo le famiglie […] “forti con Dio” potranno realmente estrarre da sé il dardo dell’ateismo programmato. Soltanto esse possono immunizzare efficacemente i propri figli contro la prepotenza degli ateisti ufficiali. Se i genitori infonderanno la verità di Dio nella giovane generazione, se le mostreranno Gesù Cristo come modello dell’uomo libero e perfetto, se le riveleranno le radici cristiane – che oggi vengono accuratamente tenute nascoste – […] se inculcheranno sani e duraturi princìpi morali nella gioventù, se le insegneranno che si deve restare sé stessi in tutte le circostanze e si deve saper discernere criticamente la verità dalla menzogna, allora nessuno sarà capace di distruggere le sane aspirazioni della giovane generazione […]. Nessuno potrà tramutarli in semplici mangiapane, preoccupati esclusivamente che il pane non sia troppo secco». Ecco, nella pubblicità dei supermercati Esselunga, emergono le radici cristiane, i principi sani, la verità contro la menzogna; viene sottolineato che l’uomo non vive di solo pane terreno, ma di quell’amore familiare che le leggi del Creatore possono portare a perfetto compimento e che, aprendo gli occhi e le orecchie sulle sofferenze dei propri figli, madri e padri possono rinsavire.