(di Alfredo De Matteo) In Italia uccidere l’innocente con l’aborto è troppo difficile e la colpa è dei medici obiettori. È questa, in sintesi, la tesi sostenuta dal Consiglio d’Europa attraverso un recente pronunciamento in cui l’ente di Strasburgo ha dichiarato ammissibile un ricorso presentato alla Corte dalla Cgil, che denunciava la violazione del presunto diritto alla salute delle donne in merito all’accesso alla cosiddetta interruzione volontaria della gravidanza.
Secondo i soloni di Strasburgo (e della Cgil), «le donne che cercano accesso ai servizi di aborto continuano ad avere di fronte una sostanziale difficoltà nell’ottenere l’accesso a tali servizi nella pratica, nonostante quanto è previsto dalla legge (…) in alcuni casi, considerata l’urgenza delle procedure richieste, le donne che vogliono un aborto possono essere forzate ad andare in altre strutture (rispetto a quelle pubbliche, ndr), in Italia o all’estero, o a mettere fine alla loro gravidanza senza il sostegno o il controllo delle competenti autorità sanitarie, oppure possono essere dissuase dall’accedere ai servizi di aborto a cui hanno invece diritto in base alla legge 194».
Secondo il Comitato, questo tipo di situazioni possono «comportare notevoli rischi per la salute e il benessere delle donne interessate, il che è contrario al diritto alla protezione della salute». Nulla di nuovo sotto il sole, dunque. Tuttavia, tale pronunciamento mette in evidenza alcune questioni che meritano di essere sottolineate. Innanzitutto, malgrado l’accesso all’aborto nelle strutture pubbliche per le donne italiane sia, purtroppo, niente affatto complicato né tantomeno impedito, al contrario di quanto asseriscono le lobby abortiste europee e nostrane, c’è da rilevare come lo straordinario fenomeno dell’obiezione di coscienza da parte del personale medico dia grande fastidio alla rodata macchina degli aborti.
Già, perché l’altissima percentuale di medici obiettori non solo impedisce che qualche vita umana innocente venga spezzata, ma mantiene alla luce ciò che deve rimanere velato, ossia che l’aborto è un vero e proprio omicidio legalizzato. Non a caso, non si parla di diritto all’aborto ma di diritto alla salute della donna, come se l’accesso alla odiosa pratica della interruzione di gravidanza abbia come fine la salvaguardia della salute delle persone anziché il loro annientamento, sia fisico che spirituale.
La cruda realtà viene così capovolta, attraverso l’uso dell’antilingua e dello stravolgimento dei fatti, e piegata alle perverse e mortifere logiche dell’ideologia antiumana: il medico obiettore è considerato alla stregua di un criminale, in quanto tende ad impedire alle donne di accedere in tutta comodità all’aborto, attentando dunque alla loro salute. Del bambino, la vera vittima dell’aborto, non v’è traccia, proprio come se egli non esistesse; e non v’è traccia, a ben vedere, nemmeno della madre del bambino, la quale molto spesso esce devastata dall’aborto (fisicamente, psicologicamente e spiritualmente), anziché protetta ed accudita dal comodo accesso ad una pratica che nulla di buono può darle.
Pertanto, la tattica usata dal Consiglio d’Europa è la squalifica dell’obiettore, il quale viene incredibilmente e falsamente accusato di godere di favoritismi lavorativi diretti e indiretti a scapito dei medici non obiettori, e la negazione della realtà, con il presentare l’aborto come una prestazione sanitaria a tutela della salute e non come l’uccisione diretta di un essere umano innocente.
Tale pronunciamento del Consiglio è anche il segno che a Strasburgo si nutre preoccupazione circa la crescente opposizione all’aborto che serpeggia in molti paesi europei, inclusa l’Italia. Per tale motivo rivestono particolare importanza tutte le manifestazioni pubbliche che portano allo scoperto tutto l’orrore che c’è dietro al grande genocidio in atto.
Abbiamo l’occasione di far sentire la nostra voce, di andare in piazza e mostrare a tutti l’inganno di un delitto che si pretende passi per un diritto; abbiamo l’opportunità di contrastare la mentalità e l’ideologia dominante, di difendere i diritti di chi non ha voce; abbiamo il grande privilegio di combattere per la gloria di Dio e per i nostri fratelli più piccoli. Partecipiamo in massa, dunque, alla VI edizione della Marcia per la Vita, che si terrà come ogni anno a Roma il prossimo otto maggio con partenza ore 9,30 da Piazza Bocca della Verità. A testimonianza della verità, per la vita … senza compromessi. (Alfredo De Matteo)