Il caso Lambert rilancia la battaglia in difesa della vita

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(Emmanuele Barbieri) Le molteplici iniziative svoltesi a Roma tra il 16 e il 22 maggio, tutto coronate da grande successo, hanno fatto di Roma, per una settimana, la capitale internazionale della Vita. Il 18 maggio, per la Marcia per la Vita, giunta quest’anno alla nona edizione, molte migliaia di persone, si sono riunite a Piazza della Repubblica e hanno raggiunto piazza Venezia, sfilando tra le vie della capitale per dire a gran voce che la vita dei bambini, fin dal grembo materno, è sacra e inviolabile. Erano presenti delegazioni pro life da oltre 20 Paesi di tutto il mondo, famiglie, gruppi, associazioni, parrocchie, ognuno con i loro simboli e striscioni. L’entusiasmo dei manifestanti si combinava con la loro determinazione a continuare a combattere fino alla abrogazione della famigerata legge 194, che ha fatto sei milioni di vittime in Italia. La presidente della Marcia per la Vita Virginia Coda Nunziante ha annunciato che la prossima edizione della Marcia si svolgerà a Roma il 23 maggio 2020. L’appuntamento sarà di particolare importanza perché segnerà il decimo anno di perseverante e coerente testimonianza in difesa della vita in Italia.

La settimana per la vita si era aperta alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum) con il Rome Life Forum, organizzato da Voice of the Family. A questo evento hanno partecipato i cardinali Brandmueller, Burke e Ejjk ed altri studiosi di diverse nazionalità, davanti a una affollatissima platea. Tutti gli oratori hanno denunciato la dittatura del relativismo contemporanea che maschera, sotto varie forme, il tentativo di distruggere l’ordine naturale cristiano. Il Cardinale Wilhelm Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht ha lanciato in particolare l’allarme contro la teoria del gender che rappresenta non solo il sovvertimento del ruolo biologico di uomo e donna, ma nega quei concetti di paternità e procreazione che sono alla base dell’annuncio di Dio in tre persone, il Dio Padre, Cristo come figlio del Dio Padre, fattosi uomo, e Maria come la sposa dello Spirito Santo.

Il cardinale Raymond Leo Burke, nella sua relazione, ha spiegato che «Dio ci incontra, e ordina le nostre vite per il bene, nella famiglia e nella patria» e che è necessaria «quella parte della pietà che è chiamata patriottismo», aggiungendo che «l’amore per il proprio paese non è un peccato ma», ha spiegato, “è incluso nel Quarto Comandamento». Il cardinale ha paragonato l’orgoglio peccaminoso che ispira il perseguimento di un singolo governo globale a quello «dei nostri antichi antenati, dopo il Diluvio, che pensavano di poter unire il cielo con la terra solo con le loro forze, costruendo la Torre di Babele».   Nel corso del suo intervento il cardinale ha sottolineato che “in molte società domina una cultura anti-vita, anti-famiglia e anti-religiosa in aperta ribellione al buon ordine con cui Dio ci ha creati” e ha profetizzato che “il cittadino cristiano che vuole soddisfare le richieste del patriottismo oggi rischia il martirio“, o quello bianco (il pubblico disprezzo, l’indifferenza, l’essere considerati ridicoli) o quello rosso (l’attacco fisico vero e proprio, la persecuzione, la morte).

Un altro cardinale presente, Walter Brandmüller, ha parlato delle genesi dell’ Humanae Vitae; il cardinale Janis Pujats, in un videomessaggio, ha riaffermato il valore perenne della famiglia, criticando con forza le unioni omosessuali, mentre in un altro videomessaggio, mons. Athanasius Schneider ha spiegato che la città dell’uomo, senza Dio, porta alla disperazione. Il ritorno ai principi della Civiltà cristiana resta, secondo tutti gli oratori, l’unica soluzione alla crisi religiosa, culturale e morale dei nostri tempi.

Il 20 e il 21 maggio si è tenuto il convegno La Morte cerebrale. Un’invenzione medico-legale: evidenze scientifiche e filosofiche, promosso dalla John Paul II Academy for Human Life and the Family (JAHLF). Nello spazio di due giorni si sono susseguiti gli interventi di numerose personalità del mondo scientifico che hanno dimostrato come la riduzione della morte umana a “morte cerebrale”, costituisce una radicale ridefinizione del concetto di vita e di morte dell‘uomo. Le ragioni addotte per giustificare la morte cerebrale sono state e rimarranno sempre utilitaristiche: la necessità di trovare organi da trapiantare e di spegnere i ventilatori, per liberare i letti degli ospedali. Il professor Josef Seifert, presidente della JAHLF ha dichiarato: «Una delle più grandi vergogne nella storia della medicina e dell’umanità è che la morte cerebrale è stata apparentemente accettata in tutti il mondo per l’unica ragione dell’avidità di organi e di danaro, senza presentare alcuna rilevante ragione per questa rivoluzione». La professoressa  Doyen Nguyen, autrice del miglior testo di riferimento che oggi esiste ( The New Definitions of Death for Organ Donation. A multidisciplinary Analysis from the Perspective of Christian Ethics, Peter Lang 2018), ha ampiamente sviluppato il rapporto tra i fondamenti filosofici e scientifici della questione.

Proprio mentre si svolgevano i lavori, è giunta la notizia della sentenza a morte contro il paraplegico francese Vincent Lambert, falsamente definito in “stato vegetativo”, mentre dimostra di essere vivo e cosciente deglutendo, muovendo gli occhi e piangendo. Quando già i medici avevano sospeso l’alimentazione e l’idratazione, è giunta, in extremis, una “grazia” provvisoria da parte della Corte di Appello di Parigi, che ha ordinato di assicurare i sostegni vitali a Lambert, fino a ché il Comitato dei disabili dell’ONU, non prenderà una decisione definitiva sul suo caso. In tal modo viene attribuito all’ONU il ruolo di suprema autorità morale internazionale con il potere di vita e di morte su esseri umani innocenti. Ciò dimostra quanto sia urgente la battaglia in difesa per la vita e quanto importante sia stata la settimana pro-life a Roma appena conclusasi. (Emmanuele Barbieri)

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