I grandi social network e il beato Manuel Lozano Garrido

CR1776-Foto-03
FONTE IMMAGINE: El Imparcial (https://www.elimparcial.es/)
Print Friendly, PDF & Email

Il 29 dicembre scorso si è tenuta a Roma la Conferenza stampa di fine anno del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Fra gli interventi che hanno introdotto il lungo confronto avuto dalla premier con i giornalisti (durato tre ore, un vero record per eventi di questo genere) vi è stato quello del presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti (CNOG) Carlo Bartoli.

Dopo aver segnalato un dato poco conosciuto, ovvero che «l’Italia è il paese europeo con il maggior numero di giornalisti sotto scorta per la loro attività (22), che ha avuto il maggior numero di giornalisti uccisi per il loro lavoro (30 in sessanta anni)» e che sconta «il numero più alto di minacce e aggressioni contro gli operatori dell’informazione», il nuovo presidente (dal dicembre 2021) del CNOG ha lanciato un dato etico-politico di grande importanza. Una osservazione che meriterebbe di ricevere l’adeguata attenzione da parte di una maggioranza e di un Governo, come quello in carica, che ha dopo tanti anni la concreta possibilità di durare in carica per una intera legislatura e, quindi, sfuggire dal “piccolo cabotaggio” per avviare processi di vera liberazione nazionale.

Riferendosi al potere globale incontrollato dei grandi social network (e quindi delle oligarchie finanziarie che li detengono), il dott. Bartoli ha infatti osservato che «viviamo in un gigantesco mercato mondiale dei dati personali gestito dalle grandi piattaforme il cui fatturato è spesso superiore a quello di Stati indipendenti. Piattaforme che decidono chi può parlare e chi no. Chi è giornalista e chi no. Al di sopra degli stati e delle leggi. Sono fenomeni che pongono un problema di identità e di sovranità per l’Unione Europea e per l’Italia».

Ci sembrano realistiche osservazioni e, soprattutto convincenti conclusioni che, oltretutto, giungono alla fine di un “regime pandemico” che ha fatto risaltare «l’importanza di una informazione professionale». «Per questo il giornalista oggi – ha proseguito il presidente del CNOG –, deve avere ancora più attenzione ai propri doveri: verifica rigorosa delle fonti, continenza nel linguaggio, accuratezza della narrazione, rispetto – sempre e comunque – per le persone». Si tratta, evidentemente, di valori e principi validi per il giornalismo tout court ma, per un giornalista cattolico, questi s’intrecciano con l’esercizio delle virtù naturali, la cui pratica anche pubblica costituisce il fondamento per costruire il rapporto con gli altri e con Dio.

Partiamo da quest’importante verità, ovvero che la grazia perfeziona la naturagratia supponit naturam, non destruit, sed perficit eam»: Summa Theologiae I,2,2, ad 1) per richiamare la grande testimonianza di Manuel Lozano Garrido (1920-1971), più conosciuto come Lolo, il primo giornalista cattolico (non chierico) che il 12 giugno 2010 è stato proclamato Beato da Papa Benedetto XVI e della penna del quale, unico esempio nella storia, la Chiesa ha tratto un testo (è un suo un articolo giornalistico particolarmente ispirato dal punto di vista spirituale) come seconda lettura della Liturgia delle Ore.

Il Santo Padre l’aveva già citato nel discorso che il 23 settembre 2019 rivolse all’Unione Cattolica Stampa Italiana (Ucsi), ricordando come nel suo “decalogo del giornalista” Lolo raccomandava di «pagare con la moneta della franchezza», di «lavorare il pane dell’informazione pulita con il sale dello stile e il lievito dell’eternità» e di non servire «né pasticceria né piatti piccanti, piuttosto il buon boccone della vita pulita e speranzosa».

La comunicazione del vero giornalista dovrebbe quindi essere chiara e sobria, fatta di poche parole, capaci però di restituire «il peso della realtà».

Sempre parlando ai giornalisti cattolici il Papa è ritornato sul celebre ammonimento di Gesù a tutti i comunicatori: «essere liberi di fronte all’audience: parlare con lo stile evangelico: “sì, sì”, “no, no”, perché il di più viene dal maligno (cfr. Mt 5, 37). La comunicazione ha bisogno di parole vere in mezzo a tante parole vuote».

Da giovane Lozano Garrido ha vissuto una vita travagliata a causa della persecuzione della Chiesa durante la Seconda Repubblica Spagnola (proclamata il 14 aprile 1931, contestualmente alla partenza per l’esilio di re Alfonso XIII), durante la quale fu pure incarcerato, poi nell’età matura ha sofferto non poco per la grave e dolorosa malattia degenerativa che l’ha costretto a vivere ventotto anni sulla sedia a rotelle. Nonostante la malattia, però, Lolo non ha mai smesso praticare e di amare la sua professione.

Quando nel 1936 scoppiò la “guerra civile spagnola” (1936-39), Lolo si incaricò di portare segretamente la Comunione agli abitanti di vari villaggi. Aveva appena 16 anni…

Portò avanti questo ministero segreto finché venne arrestato e, fra l’altro, dovette trascorrere la notte del Giovedì Santo in prigione ma, avendo nascosto l’Eucaristia in un piccolo mazzo di fiori, poté fare la comunione di Pasqua nella sua cella. Trascorse quella notte adorando il Signore. Venne rilasciato il giorno dopo, il Venerdì Santo e trascorse la Pasqua con i fratelli e la sorella.

Lolo era nato a Linares, in Andalusia, il 9 agosto 1920 in una famiglia con sette figli.

La Unión Católica de Informadores y Periodistas de España conferisce ancora oggi, ogni anno (o quasi), un premio a lui dedicato in favore di quei giovani giornalisti spagnoli che, nello svolgimento della professione, hanno saputo testimoniare con serietà e franchezza i valori cristiani. Il riconoscimento – arrivato alla sua tredicesima edizione – porta il nome di “Premio Lolo” e, non di rado, è conferito con la lettura di queste sue splendide parole: «Portate la macchina da scrivere, mettetela sotto il tavolo, in modo che il tronco della croce si conficchi nella tastiera e lì faccia radici». Uno dei “seguaci” contemporanei di Lozano Garrido, il vincitore del “Premio Lolo” 2016 José Beltrán, direttore del settimanale Vida Nueva, ha dichiarato in proposito: «come diceva Lolo, in quanto giornalisti siamo chiamati a insegnare dalla cattedra della verità. Sento la mia professione come una vocazione». Davvero un bell’insegnamento da seguire (sull’argomento cfr. Il “giornalismo divino” di un martire perseguitato dai comunisti: il beato Lozano Garrido, in Polis. Per la libertà sociale e politica, a cura di Matteo Orlando, Flamingo Edizioni, Bellinzona 2022, pp. 299-301).

Iscriviti a CR

Iscriviti per ricevere tutte le notizie

Ti invieremo la nostra newsletter settimanale completamente GRATUITA.