(di Danilo Quinto) Spiegando la sua scelta di aderire all’“Agenda per l’Italia” di Mario Monti, Alfredo Mantovano ha dichiarato che «quello che mi convince di più è il tratto di equilibrio e serietà, il parlare un linguaggio di verità, senza scagliarsi nei confronti di altri e avendo la consapevolezza che i sacrifici che gli italiani hanno dovuto sopportare negli ultimi dodici mesi, non possono essere vanificati, ma devono costituire la base per un rilancio e uno sviluppo effettivo». Più o meno dello stesso tenore, le dichiarazioni di un altro ex PDL che ha aderito al “progetto Monti”, Mario Mauro.
Entrambi sono cattolici, persone stimabili, che nella loro esperienza politica ai massimi livelli (il primo è stato sottosegretario dell’ultimo Governo Berlusconi, il secondo presidente dei parlamentari del PDL al Parlamento europeo) hanno saputo riversare i loro connotati di credenti. Come fanno, allora, a non considerare che i fatti compiuti dal Governo Monti e quel che si propone di fare l’attuale Presidente del Consiglio se vincesse le elezioni, sono in contrasto con quanto ha detto Benedetto XVI lo scorso lunedì all’udienza al Corpo Diplomatico: «Se preoccupa l’indice differenziale tra i tassi finanziari, ‒ ha detto il Papa ‒ dovrebbero destare sgomento le crescenti differenze fra pochi, sempre più ricchi, e molti, irrimediabilmente più poveri. Si tratta, insomma, di non rassegnarsi allo “spread del benessere sociale”, mentre si combatte quello della finanza». Ebbene, che cosa ha realizzato il Governo Monti in dodici mesi?
L’ha sintetizzato Magdi Cristiano Allam nell’ultimo suo articolo su “Il Giornale”: «Gli ultimi dodici mesi – ha scritto Allam ‒ hanno visto raddoppiare il numero degli italiani che soffrono la fame diventando 6,2 milioni, 47 mila famiglie costrette ad abbandonare la casa perché non hanno i soldi per pagare il mutuo, l’aumento del 23 % dei disoccupati portando complessivamente al 37,5 % gli inattivi sul totale della forza lavoro, 200 imprese che mediamente al giorno sono costrette a fallire paradossalmente perché creditrici, la crescita del debito pubblico di 153 miliardi e la riduzione del Pil del 2,4 %, nonostante il maggior gettito fiscale grazie al più alto livello di tassazione al mondo». Questo significa occuparsi del “benessere sociale”?
In base a queste premesse, si può ritenere che un nuovo Governo Monti stravolga l’identità del Paese e lo porti ad una catastrofe sociale. Le scelte personali di Mantovano e di Mauro – o magari indotte dai loro rispettivi “movimenti” per tentare di “salvare il salvabile” e a questo proposito ricordiamo il precedente di Paola Binetti, che dovrebbe pur insegnare qualcosa – devono anche fare i conti con altri aspetti inquietanti. Il mentore di Monti, Andrea Riccardi, ha dichiarato che i “principi non negoziabili” non costituiscono un’urgenza e per questo motivo non sono inseriti nell’“agenda Monti”.
Del resto, come sottolineare l’importanza di quei principi se uno degli alleati di Monti è l’attuale Presidente della Camera che negli ultimi anni si è adoperato a spada tratta per negarli e che viene rappresentato dal suo portavoce, Benedetto Della Vedova, ancora iscritto ai radicali, che di quei principi hanno fatto strame? Per i cattolici, sono sufficienti le parole inequivoche pronunciate nei giorni scorsi dal Vescovo di Ferrara, Mons. Luigi Negri («i politici vanno giudicati dai valori che difendono»), alle quali si sono aggiunte, tra le numerose altre, quelle dell’Arcivescovo Rino Fisichella: «Non ci sono variazioni di orientamento rispetto a quanto stabilito nel 2002 dalla nota dottrinale di Joseph Ratzinger sull’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica. L’auspicio è che i politici operino da cristiani in qualunque partito siano, senza subire passivamente tendenze generalizzate che scambiano per progresso della società le negazioni della vita, della famiglia e della libertà di educazione». Più chiaro di così. (Danilo Quinto)