(di Fabrizio Cannone) La casa editrice San Paolo, che a volte ci presenta libri alquanto sbalorditivi se non proprio discutibili, ultimamente ci ha stupito in positivo con la pubblicazione del libro di Fulton Sheen, Vivere la messa, (San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, 80 pp., € 5.50), uscito in prima edizione a New York nel 1936 (con imprimatur). Inoltre la medesima Società San Paolo ha aggiunto un sottotitolo chiarificatore al libretto, inesistente nell’originale: Riflessioni sulla Santa Messa celebrata nella forma straordinaria del rito romano.
Un anonimo ma competente prefattore (da identificarsi forse con padre Francesco Capello autore per Fede&Cultura di La Messa Antica nel 2008) ha ben introdotto il testo dell’arcivescovo americano, scrivendo che quando l’Autore pubblicò il libretto «la Messa era celebrata con il vecchio messale risalente al Concilio Tridentino, detto anche di san Pio V, il papa che diede attuazione ai decreti dello stesso concilio» (p. 5). Sempre secondo l’anonimo compilatore, «L’origine della Santa Messa (a prescindere dal rito con cui è celebrata) va ravvisata nell’ultima cena e nel Calvario, che, secondo il Concilio di Trento, sono un unico sacrificio, anche se compiuto in modo diverso» (p. 6).
Secondo mons. Fulton Sheen (1895-1979), la cui causa di canonizzazione è aperta dal 2008, «la Santa Messa non è semplicemente un insieme di azioni compiute da un’assemblea riunita nel nome di Cristo (letture, riflessioni, preghiere e canti), come taluni commenti possono far pensare (e come parrebbe al vedere certe liturgie da strapazzo tipo le Karneval-messe autorizzate in varie diocesi germaniche), ma è l’opera stessa di Cristo (…). La Messa ha perciò un valore perenne» (p. 7).
Nella teologia mistica della Santa Messa come era concepita da Sheen, che non a caso chiamò il suo libretto Calvary and the Mass, le sette parole di Cristo in croce rappresentano simbolicamente le 7 parti della messa (tradizionale). La «prima: «Perdona» evoca il Confiteor; la seconda: «Oggi in Paradiso» richiama l’Offertorio; la terza: «Ecco tua madre» si schiude nel Sanctus; la quarta: «Perché mi hai abbandonato?» ci porta alla Consacrazione; la quinta: «Ho sete» è la Comunione; la sesta: «Tutto è compiuto» è l’Ite, missa est; l’ultima: «Padre, nelle tue mani» è il Vangelo conclusivo» (p. 16). E così dunque il testo di Fulton Sheen, che oltre ad essere un teologo grave e profondo, fu altresì un eccellente comunicatore attraverso la radio, la stampa e la TV, si divide in 7 piccoli capitoli in relazione con le 7 parti del Santo Sacrificio dell’Altare.
Secondo il teologo, «l’atto più sublime di Cristo fu la sua morte. Questa è sempre importante perché suggella un destino; ogni uomo che muore costituisce una scena e ogni scena di morte è un luogo sacro. (…)nessuna morte fu più importante di quella di Cristo: ogni altra persona è venuta al mondo con lo scopo di vivere, ma nostro Signore è nato per morire» (pp. 9-10). Questa santissima morte, accettata in espiazione e in propiziazione per i nostri peccati, si rivive in modo incruento in ogni Santa Messa cattolica. «Per questo motivo la messa è per noi l’atto supremo della religione cristiana» (p. 12) e dunque deve essere davvero santo, ovvero ordinato, preciso, perfetto, limpido, aulico e nobilmente sobrio e composto…
Contro il biblicismo di certa teologia post-conciliare, che riduce la religione rivelata alla sola proclamazione della Parola, «per la Chiesa cattolica, non sono fondamentali il pulpito, il coro o l’organo, ma l’altare» (p. 12). Insomma, la «messa è il più importante evento della storia del genere umano, l’unico atto santo che nasconde la collera di Dio per un mondo pieno di peccato, ponendo la croce tra il Cielo e la terra» (p. 13). (Fabrizio Cannone)