(di Cristina Siccardi) Portare all’onore degli altari qualcuno significa impegnare la Chiesa, dando a ciascun membro di essa un modello a cui guardare, un modello da imitare. Dal Concilio Vaticano II in poi sono mutati alcuni parametri nel prendere in considerazione i candidati alle canonizzazioni (il cui termine ingloba anche il processo di beatificazione). In virtù del pensiero antropologico arruolato dall’Assise apertasi cinquant’anni fa, dove l’uomo è stato posto al centro dell’attenzione e il mondo ha assunto un valore nobile, mai prima considerato (né dal Vangelo, né dalla Tradizione della Chiesa), molto spesso anche le figure proposte all’esempio dei fedeli sono scelte in base a requisiti in linea con la cultura moderna, ovvero liberale e laicista.
Ebbene, siamo molto grati a padre Paolo Maria Siano FI che propone un approfondito e critico studio sulla prestigiosa rivista di apologetica teologica “Fides Catholica” (n. 2 – 2012), dal titolo: Alcune note sul “Magistero” episcopale del Servo di Dio Mons. Antonio (“Don Tonino”) Bello (1935-1993). In tale contributo l’autore esterna la sua meraviglia per l’introduzione, nel 2007, della causa di beatificazione di Monsignor Antonio Bello, Vescovo di Molfetta, una meraviglia che dovrebbe essere propria di tutti coloro che si professano cattolici.
Leggendo le pagine che Monsignor Bello ha lasciato si possono rilevare: iperconciliarismo, progressismo, antropologismo teologico, linguaggio secolarista, pensiero filo-socialista, pacifismo utopico e assoluto, disistima verso il Sacro e verso i Dogmi, mariologia profana, sensualità, femminismo. Padre Siano esamina, in maniera chiara e dettagliata, i problemi non solo pastorali del Vescovo di Molfetta, ma anche dottrinali e, dunque, l’incompatibilità della sua figura con la santità. È sufficiente prendere nota dei nomi dei suoi maestri e dei suoi “lumi” per comprendere la radice dei suoi errori: Karl Rahner, Teilhard De Cardhin, Helder Câmara, Giacomo Lercaro, Luigi Bettazzi, Michele Pellegrino, Enrico Balducci, Carlo Maria Martini, David Maria Turoldo, Bruno Forte.
Il presule salentino era convinto che occorre comunicare con l’uomo contemporaneo non mediante linguaggi che lui considerava superati (quelli sacri e tradizionali), ma bisogna «entrare in contatto tecnico con l’ “ateismo linguistico” della sua cultura» (p. 34). Giunse a formule scandalose. Affermò, in un discorso che tenne nel 1992: «Qualcuno ha scritto che la meraviglia è la base dell’adorazione. È proprio vero. Anzi, l’empietà più grande non è tanto la bestemmia o il sacrilegio, la profanazione di un tempio o la dissacrazione di un calice, ma la mancanza di stupore» (p. 36). Ancora in quell’anno disse che riteneva diseducativo presentare Dio come «Uno che ti chiede il rendiconto finale!!!» (p. 36), tale dichiarazione nega gli avvertimenti evangelici e la dottrina di Santa Romana Chiesa circa il Giudizio eterno.
Nell’antologia di Monsignor Bello, dove la protestantizzazione emerge con impressionante spavalderia, leggiamo l’adorazione verso l’uomo e la volontà rivoluzionaria: «Quando avrò tempo, quando andrò in pensione, mi piacerebbe rimodellare in termini umani tutte quelle preghiere che noi facciamo in chiesa: l’atto di fede, l’atto di dolore, di speranza, di carità… Mio Dio, credo fermamente… Mio Dio, mi pento con tutto il cuore… Mio Dio, ti amo… Mi piacerebbe formulare atti di fede nell’uomo che Dio ama; atti di amore nell’uomo. Atti di speranza nell’uomo. Perché Dio gioca tutto sull’uomo. Anche noi dovremmo…» (p. 38).
Egli giunse ad identificare la speranza cristiana con la speranza del mondo, a definire i dogmi della Chiesa pietrificazioni di Dio, ad invocare un pneuma (spirito) universale, che sgorga dalle viscere della terra. La sua religione, dal vivo sapore gnostico, è chiaramente orizzontale, naturalista, dove l’afflato soprannaturale viene sprezzato; si tratta anche di una religione contraria alla liturgia classica perché paventava in quest’ultima l’idolatria del sacro, sacro che, secondo lui, separa l’uomo da Dio. Il magistero episcopale di Monsignor Tonino Bello non aiuta il cristiano ad elevarsi al Cielo, ma lo incarcera nell’angoscia esistenziale della materialità del mondo. (Cristina Siccardi)