Dietro l’attacco di Hamas ad Israele del 7 ottobre si estende minacciosa l’ombra dell’Iran, che non ha mai nascosto il suo obiettivo di distruggere lo Stato di Israele. L’Iran si estende verso il suo obiettivo israeliano principalmente lungo due assi. Dal triangolo Ahvaz-Abadan-Basrah al confine tra Iran e Iraq si diparte il ponte che serra Golfo Persico e Mediterraneo. Delle tre città la maggiore per estensione è quella irakena di Basrah da cui si prosegue fino al cuore dell’Iraq e si piega a sud attraversando il confine siriano per giungere ad al-Tanf; di qui si entra in Libano dove Hezbollah è la centrale operativa della guerra iraniana dichiarata da oltre 40 anni per distruggere Israele.
Per arrivare direttamente all’altro mare caldo dal Golfo Persico si devia a nord e si oltrepassa lo snodo di confine tra Iraq (al-Qaim) e Siria (Albu-Kamal) e si arriva alla base navale di Tartus fondamentalmente regalata da Assad alla Federazione Russa.
L’asse settentrionale attraversa più velocemente l’Iraq, da Rabia passa in Siria a al-Ya’rubiyah e arriva al porto di Latakia in Libano e anche se non è stato direttamente coinvolto nell’operazione al-Aqsa del 7 ottobre, va tenuto presente come leva strategica dei decisori politici iraniani nel quadrante medio-orientale perché preme sul confine meridionale turco esercitando una notevole forza di deterrenza.
A livello mediatico si riconosce la filiazione diretta di Hezbollah da Tehran; con meno vigore si sottolinea la crescente dipendenza di Hamas da Tehran. Per questo motivo, ed enfatizzare la natura di guerra proxy, non immediatamente riconducibile all’Iran, l’operazione al-Aqsa è stata condotta tramite Hamas. Con movimenti anche di Hezbollah al confine, la mattina dell’8. Questi attacchi sono finalizzati alla distruzione dello Stato di Israele, che per i politici iraniani rimane “l’occupante” della Palestina.
Il 1 marzo 2022 Hamas aveva lanciato 4mila missili su Israele per la maggior parte deviati dall’Iron Dome. Nel 2022 Hamas aveva ricevuto 70 milioni di dollari da Tehran. E a maggio Israele aveva condotto un’operazione chirurgica, Shield and Arrow – Scudo e Freccia, per eliminare figure terroristiche apicali:
– Jahed Ahnan, segretario della Jihad islamica incaricato di coordinare i trasferimenti di armi e denaro tra Jihad ed Hamas;
– Khalil Bahitini, subentrato come comandante nella zona nord di Gaza dall’agosto 2022 (quando l’operazione Breaking Dawn aveva eliminato il suo predecessore – a riprova della tenacia riorganizzativa) e coordinava i lanci missilistici lavorando con il Jihad islamico;
– Tarelk Az Aldin incaricato di trasferire fondi da Gaza verso Giudea e Samaria, oltreché di condurre la guerra narrativa (quella per cui si parla sui giornali di ‘coraggio palestinese’, ecc.).
Questi antecedenti sono importanti: come reazione furono lanciati 290 razzi su Israele, oltre 50 ricaduti su Gaza grazie all’Iron Dome che devia i missili verso l’offensore. Gli altri sono arrivati anche su Tel Aviv: sono comunque pochi rispetto agli oltre 5mila dell’operazione al-Aqsa, condotta anche per terrorizzare e fare prigionieri in un periodo di relativa distensione a seguito dello Yom Kippur (24-25 settembre). In situazioni simili la conta delle vittime rende l’idea della situazione: secondo i comunicati Arutz Sheva erano 350 al mattino dell’8, saliti a 600 nel primo pomeriggio. Fa parte delle strategie di destabilizzazione terroristiche, poi, non rivelare immediatamente il numero degli ostaggi.
A fronte di questa situazione è bene richiamare l’attenzione sulla natura politica dell’aggressore: non è Hamas, ma l’Iran. La responsabilità spetta a un Paese che, come ha spiegato Vittorfranco Pisano: «si avvale di ambasciate e consolati per coordinare reti clandestine e semi-clandestine responsabili per la caccia a fuoriusciti e dissidenti e per l’organizzazione di varie forme di propaganda, agitazione e violenza. Tipiche strutture allestite a questi fini includono locali in aree urbane strategiche utilizzati come discreti punti d’incontro e centri d’istruzione o addestramento, spesso sotto la copertura di associazioni culturali o religiose. Il reclutamento degli attivisti avviene tipicamente in ambienti studenteschi e nelle moschee sciite. Per le missioni più impegnative suppliscono a queste reti agenti in sonno e squadre infiltrate dalla madre patria. Statistiche riguardanti gli anni 1980-1989 forniscono indicazioni significative sul coinvolgimento di stati sostenitori del terrorismo internazionale in Europa occidentale: 78 attentati di natura terroristica internazionale rivelano legami con l’Iran, 53 con la Libia, 15 con la Siria e sei con l’Iraq» (Vittorfranco Pisano, Introduzione al terrorismo contemporaneo, Sallustiana, 1998).
Oggi la situazione è aggravata dal fatto che la “coscienza collettiva europea” fa fatica ad aprire gli occhi sulla machiavelliana “verità effettuale” per cui un rapporto Copasir dell’agosto 2022 parlava degli «sforzi di Tehran per mantenere la stabilità nella regione» (8.1); grave perché pur essendo documento parlamentare rivela l’obnubilamento persistente indotto dalla guerra narrativa iraniana che cela la sua presenza incuneata nel perimetro logistico italiano Forlì-Trieste triangolando nei Balcani dove le donazioni alle confraternite sufi albanesi sono ben documentate.
Si replica ai confini europei il fenomeno delle bonyad iraniane; come spiegato dal generale McMaster, si tratta di «fondazioni religiose che forniscono la copertura per reti di patronato estese da cui gli ayatollah e gli ufficiali governativi traggono i loro profitti, controllando il business, ricevendo i contratti governativi, lavando denaro sporco, operando senza un audit esterno e senza pagare tasse. La maggiore di queste in Iran, Astan Quds Razavi, controlla più di un centinaio di attività, dall’agricoltura al petrolio al gas ai servizi finanziari».
Poi c’è il comparto più propriamente bellico, per cui nel lontano febbraio 2014 centinaia di specialisti militari e di comandanti specialisti delle forze QUDS erano in Siria a sostegno di Assad con la Divisione Fatemiyoun sotto il comando diretto di IRGC (o pasdaran, guardiani della rivoluzione iraniana) accompagnati da una milizia afgana scita composta da circa 20mila unità. E nel frattempo Khamenei annunciava 190mila centrifughe contro le 10mila previste dall’accordo sul nucleare.
Forse questo vuol dire «mantenere la stabilità nella regione»? in vista della distruzione di Israele, per dare ragione al portavoce di Khamenei per cui «questa vittoriosa operazione certamente velocizzerà il collasso del regime sionista, segnando la promessa della sua imminente distruzione»?