La giunta militare del Myanmar arruola nell’esercito anche bambini di appena dieci anni, sottraendoli alle famiglie con la forza. Minacciati e picchiati, i bambini vengono raccolti nelle stazioni ferroviarie o di autobus, nelle strade, nelle piazze, e i loro documenti falsificati perché risultino maggiorenni.
La giunta militare del Myanmar arruola nell’esercito anche bambini di appena dieci anni, sottraendoli alle famiglie con la forza. Minacciati e picchiati, i bambini vengono raccolti nelle stazioni ferroviarie o di autobus, nelle strade, nelle piazze, e i loro documenti falsificati perché risultino maggiorenni.
Dopo la cruenta repressione del pacifico movimento di protesta guidato dai monaci buddhisti, e mentre si attende entro la prima metà di novembre l’arrivo dell’inviato speciale dell’ONU per i diritti umani, Paolo Sergio Pinheiro, la nuova pesante denuncia contro la dittatura birmana viene dall’associazione Human Right Watch in un rapporto in cui si rivela che i militari stanno ricorrendo ai bambini soldato per fronteggiare «la continua espansione dell’esercito, l’alto tasso di diserzione e la mancanza di volontari».
«Reclutatori militari e mediatori civili ricevono premi in denaro ed altri incentivi per ogni nuova giovane recluta», si legge ancora nel rapporto dell’Associazione per i diritti umani statunitense intitolato Venduti per diventare soldati: il reclutamento e l’uso dei bambini soldato in Birmania.
Human Right Watch accusa anche il Consiglio di Sicurezza ONU di non aver preso nessun provvedimento sul problema del reclutamento dei bambini nella ex Birmania, nonostante abbia minacciato più volte sanzioni mirate.
Da Yangoon, il regime si difende negando tutte le accuse che sarebbero «un altro esempio di rapporti di parte di questa organizzazione, che si basa su accuse senza fondamento e bugie esagerate da parte di gruppi di insorti sul confine».
Intanto il 31 ottobre, a poco più di un mese dai tragici fatti che hanno portato alla ribalta internazionale la situazione del Myanmar, i monaci buddhisti sono tornati in piazza. Una settantina di bonzi a Pakokku, città nel centro del Paese, hanno marciato pacificamente recitando le loro preghiere. Partiti dal monastero Sasana Wihmula, si sono diretti verso la pagoda Shwegu, senza che avvenisse nessun incidente. Con oltre 80 monasteri, Pakokku è un importante centro per la formazione dei religiosi buddhisti. È stata anche la prima città dove i militari, il 6 settembre, hanno sparato sulla folla per disperdere le proteste contro la giunta militare che, nonostante le critiche internazionali, continua ad incarcerare oppositori e manifestanti. (E.G.)