(di Danilo Quinto) Nelle stesse ore in cui la Corte d’Assise di Taranto pronunciava la sentenza di primo grado su una tragedia familiare in cui ha perso la vita una povera bambina, i “grandi elettori” del Presidente della Repubblica hanno posto la parola fine a una commedia, che per molti versi ha ricordato una delle tante messe in scena del teatro di Peppino De Filippo.
Nella trama di questa commedia, sono caduti, come pere cotte, entrambi i candidati proposti dal Partito Democratico, prima Franco Marini, poi Romano Prodi. Infilzati dai franchi tiratori e dalla voglia di una parte assai consistente del PD di far pagare la “non vittoria” elettorale di Bersani e di consumare una resa dei conti pre-congressuale. Risultato: un partito allo sbando, dissolto, di cui si contano le macerie.
Dall’altra parte, un centrodestra che politicamente e culturalmente non esiste, neanche in grado di esprimere un suo candidato, che insieme al PD e alla lista civica di Mario Monti, va in ginocchio a chiedere a Giorgio Napolitano di accettare di proseguire il suo mandato. Anche la Conferenza Episcopale Italiana, attraverso la dichiarazione di Monsignor Giancarlo Bregantini, capo commissione della CEI, supplica Napolitano di restare e dice: «Che il Signore dia veramente salute, forza a questa grande figura perché possa prendere in mano la situazione, per consapevolizzare in maniera adeguata il mondo politico per una scelta di vera dignità e di grande responsabilità».
Così come un anno e mezzo fa, con l’incarico a Mario Monti – previa sua nomina a senatore a vita – che scongiurò il “pericolo” di elezioni anticipate e consegnò il Paese al peggiore Governo della storia repubblicana, ora è pronto un altro “Governo del Presidente”. Si dice che sarà presieduto dal grand commis di Stato Giuliano Amato o da Enrico Letta, il “nipote” di Gianni, l’unico responsabile del PD rimasto in sella dopo le dimissioni di Bersani e della Bindi. I Ministri del nuovo Governo sarebbero già pronti: i dieci “saggi” nominati da Napolitano, più qualche new entry, forse qualche donna, per omaggio alle quote rosa.
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Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni, che si annunciano pieni di incognite, soprattutto in relazione ai proclami che giungono dal sito internet di Beppe Grillo, che convoca manifestazioni di piazza e grida al golpe. Dovrebbe far riflettere molto quest’atteggiamento coloro che ancora vedono nel Movimento 5 Stelle una speranza per la democrazia. Tra questi, anche coloro che ritengono conciliabile – come ha titolato “Avvenire” – votare per Grillo e essere cattolici. Populismo e demagogia, sorretti dall’uso spregiudicato della “rete”, che intende governare come solo un “Grande Fratello” sa fare, i comportamenti e le volontà delle persone, sono estranei alla democrazia ed anche alla libertà e alla ricerca della verità, che sono le componenti vive e irrinunciabili dell’impegno cattolico in politica. Su questo versante, d’altra parte, la vicenda che si è consumata in queste ore, ha certificato il deserto della presenza di politici «credenti e credibili» – la definizione è di Benedetto XVI – impegnati solo a perseguire il “male minore” e quindi a fare compromessi su tutti quei temi che non dovrebbero consentirli.
L’unica “consolazione”, per i pochi cattolici che su questo hanno fatto sentire la loro voce, è quella di aver impedito che emergesse la candidatura di Emma Bonino, che anche nelle ultime ore, prima dell’accettazione del reincarico da parte di Napolitano, aveva ottime chances, non a caso suffragate dal consenso popolare che la circonda. Sarà per la prossima volta. Ci saranno però sempre cristiani – questo è sicuro – disposti a testimoniare che Gesù Cristo è morto anche per lei, ma solo se si converte e si pente pubblicamente di tutto il male che ha arrecato con la sua ideologia anti-umana alle donne e agli uomini di questo Paese. (Danilo Quinto)