Brutte notizie, ma anche vittorie nel mondo

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Come sempre, la guerra per la vita prosegue nel mondo tra alti e bassi, tra vittorie e sconfitte.

La prima buona notizia riguarda la decisione della Corte d’Appello federale degli Stati Uniti di annullare la sentenza, fortemente voluta dall’amministrazione Biden, sentenza con cui, solo due giorni prima, il giudice Robert Pitman aveva cercato di bloccare la «legge sul battito cardiaco» del Texas. Tentativo vano, non essendovi motivi sufficienti per attuarlo: in pochi giorni la nuova normativa aveva già salvato centinaia di vite umane.

La seconda buona notizia riguarda il nome del nuovo premier del Nuovo Galles del Sud dopo le dimissioni di Gladys Berejiklian a causa di un’indagine per corruzione, in cui sarebbe rimasta coinvolta: a capo dello Stato federato australiano ora c’è Dominic Perrottet, cattolico, noto per le sue posizioni decisamente pro-life e pro-family. Si è sempre opposto alle “nozze” Lgbt, all’ideologia gender ed alla legislazione pro-aborto, mentre ha promosso in ogni modo la famiglia, nucleo fondamentale della società, ed i suoi valori.

La terza buona notizia riguarda, invece, il successo della Marcia per la Vita svoltasi col sostegno dell’episcopato lo scorso 3 ottobre non solo a Città del Messico, dove sono confluite decine di migliaia di persone (300 mila secondo gli organizzatori, 150 mila secondo la Protezione Civile), ma anche in altre 75 località dello Stato americano. Tantissime le famiglie, i giovani, i gruppi ed anche i vescovi presenti. Un segnale forte a favore della vita umana, questo, dopo le sentenze con cui la Corte Suprema aveva cercato di depenalizzare l’aborto in tutto il Paese.

Non sono mancate, tuttavia, anche le brutte notizie. La prima è giunta dall’Argentina, dove è stata confermata la scandalosa condanna, emanata dalla Corte Suprema, ad un anno e 2 mesi, con la sospensione della pena, nonché a 2 anni e 4 mesi di interdizione dai pubblici uffici, nei confronti di un medico, “reo” soltanto di aver salvato la vita ad una donna ed a suo figlio.

Cos’è accaduto? Era il 2 aprile 2017, quando il dottor Leandro Rodriguez, di turno in ginecologia presso l’ospedale «Pedro Moguillansky di Cipolletti», si trovò di fronte il caso di una 19enne, che aveva iniziato l’aborto, ingerendo farmaci fornitele dall’ong La Revuelta (un nome, un programma). La donna aveva contrazioni, febbre alta e dolori acuti. Se il medico avesse proseguito l’aborto sarebbero state a rischio imminente di morte tanto la paziente quanto suo figlio, da cinque mesi nel suo grembo. Per questo decise di interrompere la procedura e di salvare entrambi, ciò che gli è costato una denuncia e, due anni fa, la condanna. A nulla è valso il ricorso presentato: è stato respinto, secondo il suo avvocato, Daminán Torres, senza aver «nemmeno approfondito la questione». Una decisione ideologica, quindi, che non scoraggia più di tanto il sanitario, pronto ora a rivolgersi ad un organismo internazionale, per ottenere giustizia. Nel frattempo, proseguirà la propria attività nel settore privato, essendo stato temporaneamente escluso soltanto dai pubblici servizi.

Un’altra brutta notizia giunge dal Messico, dove la Corte Suprema di Giustizia ha di fatto cancellato l’obiezione di coscienza all’aborto. Arturo Zaldívar, presidente della Corte, ha cercato di giustificare l’ingiustificabile, sostenendo di non aver, in realtà, azzerato tale facoltà, bensì di aver soltanto “bilanciato” diversi diritti. In realtà, le cose stanno diversamente.

L’obiezione di coscienza viene ora ritenuta valida, infatti, dalla Corte Suprema esclusivamente quando non sussistano rischi di vita per la donna, quando non si debbano eseguire interventi d’emergenza e quando la paziente non ricavi danni fisici o psicologici dal mancato aborto. In una parola, sempre, poiché è sempre possibile far rientrare la richiesta in una di queste categorie. Ora è sufficiente che l’esecutivo decida le sanzioni relative – ciò che non è evidentemente competenza della Corte Suprema – ed il gioco è fatto.

Non a caso anche il governo socialcomunista spagnolo, dopo aver legalizzato eutanasia e suicidio assistito, si sta muovendo sugli stessi binari anche per cercare di scardinare l’obiezione di coscienza all’aborto nel Paese. I servi della cultura di morte sono purtroppo sempre all’opera, lo tengano presente i fautori della vita.

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