Ai cattolici tedeschi piace l’Onu abortista, ma dimenticano Dio

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WeissLa fretta è sempre una pessima consigliera. Specie quando sospetta. Così non si capisce perché lo Zdk-Comitato Centrale dei Cattolici tedeschi stia tanto sgomitando per sedersi al tavolo dell’agenda post-2015, messa a punto dalle Nazioni Unite.

Eppure Peter Weiß (nella foto), portavoce Zdk per lo sviluppo sostenibile e la responsabilità globale, ha esortato il suo governo ed il Bundestag – ovvero il parlamento federale – a coinvolgere le realtà ecclesiastiche nell’attuazione del documento Onu dal titolo Obiettivi di sviluppo sostenibile con i suoi 17 punti ed i suoi 169 sotto-punti. A suo avviso, tale testo sarebbe talmente «cruciale per il futuro del pianeta», da non poter più esser discusso e restar dominio «soltanto degli esperti e dei professionisti di settore».

Cosa piace, in particolare, allo Zdk? L’aver proclamato di voler «condividere la prosperità, sradicare la povertà, proteggere l’ambiente ed il clima». Tutto qua? Un po’ pochino, specie tenendo conto di come quegli stessi Obiettivi prevedano anche ben altro. Ad esempio, «l’accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva», nonché «i diritti riproduttivi, come concordato in conformità col Programma di azione della Conferenza sulla popolazione e lo sviluppo e la piattaforma d’azione di Pechino e coi documenti finali delle loro conferenze di revisione». Il che, tradotto, significa contraccezione, aborto, fecondazione assistita ed altre tragedie bioetiche per almeno 15 anni, dato che il documento in questione è destinato a valere sino al 2030. Si noti bene: dai finanziamenti Onu saranno esclusi tutti quei Paesi, per quanto poveri, che non adottino politiche abortiste. Un autentico, bieco ricatto.

Chi eventualmente pensi che, in realtà, lo Zdk voglia, del documento complessivo, considerare e condividere solo quanto di proprio gradimento tralasciando il resto, si sbaglia di grosso. Poiché un’operazione di questo tipo, semplicemente, non è possibile. Lo han chiarito molto bene i funzionari dell’Onu all’Arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore permanente del Vaticano all’Onu, che aveva tentato lo stesso giochino: dir di sì al programma complessivo, ma prendendo le distanze dai punti critici, quelli contro la famiglia e contro la vita. Anche il Vaticano, a settembre, ha inviato un proprio documento alla sessione delle Nazioni Unite incaricata dell’adozione del programma di sviluppo post-2015, specificando di ritenere che «l’identità sessuale è quella biologica, quindi maschio o femmina» e come l’aborto non possa essere considerato all’interno della salute sessuale e riproduttiva. Ma le Nazioni Unite han risposto ad entrambi picche, precisando come «non sia opportuno riaprire il caso». La questione è chiusa, signori: prendere o lasciare. O del testo si accetta tutto o non si accetta niente. Il che ha indotto il Card. Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, a commentare: «E’ sbagliatissimo che la Chiesa si permetta di usare le parole usate dalle Nazioni Unite. Abbiamo un vocabolario, per esprimere ciò in cui crediamo». Sulla stessa linea anche l’Arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, che lo scorso agosto ha bocciato gli Obiettivi di sviluppo sostenibile adottati, proprio per le loro pressioni a favore dell’aborto, sia pur travestite grazie all’antilingua: «E’ come – ha commentato, sdegnato – se l’Onu ritenesse che, eliminando le persone, si eliminino anche i problemi».

Quanto sin qui detto è noto in quegli ambienti. Ma evidentemente allo Zdk non importa granché. Così, giustificando come al solito tanto zelo, citando quale passepartout l’immancabile enciclica Laudato si’ di papa Francesco, l’organizzazione tedesca si sbraccia, proclamandosi a favore di un mondo di pace, di un mondo giusto, umano e sostenibile in quest’epoca di conflitti e di rifugiati: «Abbiamo anche bisogno in Germania di un’economia sostenibile e di un cambiamento dei nostri stili di vita», ha dichiarato Weiß, chiedendo ulteriori assunzioni di responsabilità sul fronte internazionale, nonché garanzie per agricoltura, commercio, nonché politiche di sviluppo e sostegno ai Paesi poveri.

Cosa c’è di strano, in tutto questo? Che lo scorso 28 aprile l’Accademia pontificia di Scienze Sociali accolse con tutti gli onori il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, promotore dell’aborto su scala mondiale; che il Cancelliere di quella stessa Accademia, mons. Marcelo Sanchez Sorondo, ed il suo presidente, Margaret Archer, hanno incredibilmente accettato i progetti di «sviluppo sostenibile», definendoli “a certe condizioni” conformi all’insegnamento della Chiesa, comprese terminologie finora tabù in Vaticano come «pianificazione familiare, salute sessuale e riproduttiva», ritenendone “discrezionali” poi «interpretazione e applicazione». Ora, il fatto che anche lo Zdk, un’organizzazione distintasi allo scorso Sinodo per la sua incondizionata adesione alla linea progressista kasperiana, si ponga nello stesso solco, suscita quanto meno legittime perplessità.

Anche perché, leggendo integralmente il comunicato ufficiale del suo portavoce, Peter Weiß, si nota un grande assente nella pur dettagliata analisi fatta di cause ed obiettivi: Dio. E’ l’unico nome che manca. Non se ne parla mai. Né tanto meno si cita, nemmeno di sfuggita, la Dottrina Sociale della Chiesa. Il che, per una sigla che vuol dirsi cattolica, pare piuttosto grave… Non si capisce quale sia il contributo specifico che lo Zdk voglia apportare al dibattito su questi Obiettivi di sviluppo sostenibile. Quella sua nota avrebbe potuto esser scritta allo stesso modo da un partito, da un sindacato, da un gruppo antagonista o da un ministero e sarebbe stata la stessa, identica cosa. Mortificante…

C’è solo un generico riferimento, ad un certo punto del comunicato, alla presunta necessità di un coinvolgimento politico «delle Chiese», così, al plurale, e non si capisce francamente a cosa voglia riferirsi: se alle diverse confessioni – nell’ottica di un preteso sincretismo – o se alle diverse comunità locali – nell’ottica di un parlamentarismo ecclesiale spinto -. In tutti e due i casi, nulla di particolarmente entusiasmante (fonte: Corrispondenza Romana).

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