ABORTO: il peggiore dei crimini

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(Cristiana de Magistris) Qual è il destino eterno dei bambini morti senza battesimo e, dunque, dei feti abortiti? La dottrina comune (fino a 50 anni fa) risponde che tale destino è il Limbo. Secondo la dottrina di san Tommaso, il Limbo è uno stato di felicità naturale, a differenza del Paradiso in cui vi è una felicità soprannaturale. In esso non vi sarebbe quindi nessuna sofferenza o pena. San Pio X così scriveva nel suo Catechismo maggiore: «I bambini morti senza Battesimo vanno al Limbo, dove non è premio soprannaturale né pena; perché, avendo il peccato originale, e quello solo, non meritano il Paradiso, ma neppure l’Inferno e il Purgatorio».

Questa è la dottrina costante della Chiesa, riaffermata da Pio XII nel celebre discorso alle ostetriche (29 ottobre 1951) in cui tra l’altro disse: «… lo stato di grazia nel momento della morte è assolutamente necessario per la salvezza; senza di esso non è possibile di giungere alla felicità soprannaturale, alla visione beatifica di Dio. Un atto di amore può bastare all’adulto per conseguire la grazia santificante e supplire al difetto del Battesimo; al non ancor nato o al neonato bambino questa via non è aperta».

Ma l’idea della salvezza eterna dei bambini morti senza battesimo già serpeggiava nel mondo cattolico, e perciò il testo preparato dalla Commissione Teologica per l’ultimo Concilio provvide a ribadire con chiarezza la dottrina tradizionale della Chiesa: «Il Concilio dichiara vane e prive di fondamento tutte le sentenze secondo cui si ammette per i bambini un mezzo [di salvezza] diverso dal Battesimo ricevuto di fatto. Tuttavia, non mancano motivi per ritenere che essi riceveranno eternamente una certa felicità consona al loro stato».

Questo testo – purtroppo osteggiato dalla frangia modernista e quindi non confluito nei documenti finali – resta ad attestare che la dottrina del Limbo era un pacifico possesso della Chiesa fino all’ultimo Concilio. A questi documenti del Magistero corrisponde la prassi costante della Chiesa, che mai, in duemila anni, ha dato ai genitori la minima speranza che il loro desiderio o quello della Chiesa potesse supplire all’assenza del Battesimo.

Il Nuovo Catechismo non ha contribuito a chiarire la questione, affermando esser lecito (non obbligatorio) sperare che ci possa essere un mezzo di salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo. In questa affermazione non v’è nulla di certo né di perentorio da credere. Resta dunque valida la dottrina bimillenaria della Chiesa, nonostante le opinioni contrarie che vanno moltiplicandosi e che, verosimilmente, sono alla base della scandalosa misericordia che non pochi uomini di Chiesa vorrebbero usare per chi sostiene l’aborto. Vi è in fondo una coerenza interna nel male. Se i feti abortiti vanno tutti allegramente in Cielo, magari con la corona del martirio, ci sarebbe da rallegrarsi di ogni nuovo aborto come i primi cristiani gioivano per il martirio dei loro fratelli nella fede! E in tal caso il primo nemico dell’aborto dovrebbe essere il demonio. Ma la dottrina costante della Chiesa è ben altra.

Col diffondersi e moltiplicarsi dell’aborto e delle leggi abortiste, si vanno moltiplicando gli esseri umani che non godranno della visione di Dio. Questo è il più grande crimine che l’uomo possa compiere. Tra il diritto (giusto e lecito) del nascituro alla vita terrena e lo pseudo-diritto (ingiusto e illecito) della madre a uccidere il suo bambino, si erge come una vetta il diritto di Dio di compiacersi nelle Sue creature. All’istante del concepimento Dio infonde l’anima in un corpo di dimensioni infinitesimali, ma quell’essere microscopico è stato creato per la gloria di Dio: Dio vuole glorificarSi in esso (qualunque sarà il suo destino) e quell’essere minuscolo potrà godere (se sarà fedele alla grazia) del massimo dei beni concepibili a umana creatura: la visione del suo Dio. Questo bene massimo non è che una pallida ombra in confronto alla vita terrena, che – per quanto lunga – è pur sempre destinata a finire e nella quale la felicità che si può sperimentare è sempre limitata e transitoria.

La gravità dell’aborto sta proprio in questo: impedire a Dio di gloriarSi nelle Sue creature, comunicando la Sua visione, e privare per sempre le creature abortite della visione beatifica di Dio, che è la somma felicità per un essere umano. Non si può concepire crimine peggiore, perché nessun altro crimine ha una tale conseguenza.

Certamente ripugna, non solo al sentire cristiano ma semplicemente umano, l’idea di una madre che uccida il bimbo che porta in sé: perché di questo si tratta, di un omicidio, con l’aggravante di essere perpetrato contro chi non può difendersi. Ma questo – ripetiamo – non è il peggiore dei mali. Quella madre condanna il figlio ad un destino ineluttabile: gli toglie il bene supremo, la visione di Dio. Prima di spopolare la terra, l’aborto spopola il Cielo, e questo è certamente un male infinitamente più grande.

I vaccini anti-Covid hanno ravvivato il dibattito sul crimine dell’aborto. Ciò è giusto, purché si ricordi che usare cellule fetali per i vaccini o qualsivoglia medicina non è la sorte peggiore dei feti. La perdita della visione di Dio è un bene perso incomparabilmente più grande.

Occorre creare un fronte comune per combattere questo crimine innominabile e chi lo sostiene (https://www.corrispondenzaromana.it/le-questioni-che-dividono-il-mondo-cattolico/9), riaffermando il primato della grazia sulla natura, della vita eterna su quella terrena, e soprattutto ricordando che prima di difendere il diritto dei bambini alla vita terrena, occorre difendere il loro diritto alla vita eterna, e che, prim’ancora di questi diritti inalienabili, bisogna difendere i diritti supremi di Dio.  (Cristiana de Magistris)

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